Le corti d’appello vennero istituite con il regolamento organico del 13 giu. 1806 (
Bollettino regno d’Italia , 1806, n. 105) in luogo dei tribunali d’appello (
vedi
) e dei tribunali di revisione (
vedi
) che venivano contemporaneamente soppressi. Il decreto 17 giu. 1806 (
Bollettino regno d’Italia , 1806, n. 107) organizzò quattro corti, in Milano, in Venezia, in Bologna e in Brescia; con decreto 28 nov. 1806 (
ibid. , 1806, n. 227) la corte d’appello di Milano estese la sua giurisdizione sui dipartimenti di Adda, Agogna, Alto Po, Lario e Olona; quella di Venezia su Adriatico, Bacchiglione, Brenta, Istria, Passariano, Piave e Tagliamento; quella di Bologna su Basso Po, Crostolo, Panaro, Reno e Rubicone; quella di Brescia su Adige, Mella, Mincio e Serio; con decreto 21 apr. 1808 fu istituita una corte d’appello di Ancona, con giurisdizione sui dipartimenti del Metauro, Musone e Tronto (
ibid. , 1808, n. 166).
Queste corti giudicavano in appello dai tribunali di prima istanza (
vedi Corti di giustizia
), in materia civile con collegi di sette giudici; in materia penale di “alto crimine” con collegi di otto giudici e in materia commerciale con una sezione composta da quattro giudici e tre commercianti. Giudicavano anche in prima ed ultima istanza, e su richiesta delle parti, nelle cause che eccedessero le lire 10 mila italiane. Le corti d’appello avevano inoltre competenza, sin dalla prima istanza, in cause mosse contro un tribunale civile o commerciale o contro alcuni dei giudici: in questo caso una sezione fungeva da ufficio istruttorio e un’altra sezione da tribunale giudicante.
Al vertice dell’organizzazione giudiziaria era mantenuta la corte di cassazione.