Era il principale ufficio dell’amministrazione periferica del regno lombardo-veneto. In adempimento della citata patente 7 apr. 1815, “Istituzione del regno lombardo-veneto”, le delegazioni vennero attivate nel Veneto e in Lombardia dal 1° febbr. 1816, rispettivamente con notificazioni 4 e 24 genn. 1816 (
Collezione province venete , 1816, n. 3;
Raccolta governo Lombardia , 1816, n. 11).
La divisione in province, distretti e comuni (compartimento territoriale) fu stabilita, rispettivamente per le province venete e lombarde, con le successive notificazioni del 30 nov. 1815 e del 12 febbr. 1816 (
Collezione province venete , 1815, n. 122;
Raccolta governo Lombardia , 1816, parte I, n. 25): le province venete furono Venezia, Padova, Polesine, (capoluogo Rovigo), Verona, Vicenza, Treviso, Belluno, Friuli (capoluogo Udine); quelle lombarde Milano, Mantova, Brescia, Cremona, Bergamo, Como, Valtellina (capoluogo Sondrio), Pavia, Lodi e Crema (capoluogo Lodi).
Altro compartimento territoriale per le province venete fu stabilito con notificazione 8 lu. 1818 (
Collezione province venete , 1818, n. 106) mentre altre modifiche nella ripartizione distrettuale avvennero a seguito di sovrana risoluzione 28 genn. 1853 (
vedi allegate tabelle
).
A capo della delegazione era un funzionario politico di nomina sovrana, il delegato provinciale, il quale come capo della provincia presiedeva la congregazione provinciale (
vedi
) e come funzionario del governo aveva compiti non dissimili da quelli del prefetto di tipo francese. Le competenze del delegato vennero poi ulteriormente determinate dalle istruzioni approvate con risoluzione sovrana il 26 ag. 1817 e pubblicate il 1° genn. 1818 nel Veneto e il 24 genn. 1818 in Lombardia (
Collezione province venete , 1818, n. 5;
Raccolta governo Lombardia , 1818, parte II, n. 16).
Spettava al delegato l’applicazione delle direttive politiche impartite dal governo, la vigilanza sugli enti locali, sulle operazioni di leva, sull’esazione delle imposte dirette; il coordinamento dell’attività degli uffici statali provinciali, le decisioni in materia di ricorsi amministrativi in prima istanza, il controllo sull’attività dei commissari distrettuali (
vedi
). Contro i provvedimenti e le decisioni del delegato si poteva ricorrere al governo. Il titolario fissato nelle citate istruzioni prevedeva le seguenti materie: costituzione politica, stato civile dei cittadini, amministrazione provinciale e comunale, culto, istruzione pubblica, beneficenza pubblica, polizia e ornato pubblico, sanità, agricoltura, pesca e caccia, arti e commercio, acque e strade, debito pubblico e proprietà dello Stato, amministrazione politico militare, censo e contribuzioni dirette, imposte indirette e rendite camerali, materie politico giudiziarie.
Le competenze amministrative e politiche delle delegazioni vennero ulteriormente ampliate con le risoluzioni sovrane del 20 nov. 1838 e del 12 mar. 1839 (pubblicate il 14 e il 26 apr. 1839;
Raccolta governo Lombardia , 1839, parte II, n. 28;
Collezione province venete , 1839, n. 72).
L’organico delle delegazioni comprendeva - oltre al delegato - un vicedelegato e, a seconda dell’importanza della provincia, uno o più aggiunti di delegazione, un segretario, alunni di concetto, un protocollista, un registrante e personale d’ordine.
Facevano capo alla delegazione, benché alcuni quasi solo formalmente, diversi uffici provinciali: il commissario superiore di polizia (
vedi
), l’ufficio provinciale di censura e revisione delle stampe e dei libri (
vedi
Ufficio centrale di censura), l’ufficio provinciale delle pubbliche costruzioni (
vedi
) o ingegnere in capo di acque, strade e fabbriche erariali, l’ufficio del medico provinciale (
vedi
) o protomedico provinciale, la direzione provinciale delle poste (vedi
Direzione delle poste
).
Le delegazioni vennero soppresse nel Veneto con r.d. 18 lu. 1866, n. 3064.