Commissioni provinciali di sanità furono istituite in sostituzione delle commissioni dipartimentali del regno d’Italia (vedi Regno d’Italia,
Commissione di sanità
) e con analoghe competenze in tutte le province lombardo-venete per la vigilanza e la disciplina del settore igienico e sanitario. Erano presiedute dal delegato provinciale e ne facevano parte due delegati della congregazione provinciale, un medico, un chirurgo, un farmacista.
Furono soppresse nel 1819 con la creazione dell’ufficio del medico provinciale, funzionante presso la delegazione. A capo dell’ufficio v’era un protomedico provinciale che aveva varie incombenze, come la vigilanza sanitaria sugli ospedali, sugli orfanotrofi, sulle case di correzione, sulle prigioni. Esso dava disposizioni in caso di epidemie ed epizoozie; esercitava la vigilanza sulle farmacie e compilava ogni tre anni un rapporto sulle condizioni igienico-sanitarie della provincia.
Dal protomedico provinciale dipendevano i medici distrettuali e i deputati comunali alla sanità, che erano responsabili del servizio sanitario rispettivamente nei distretti e nei comuni. Nel 1824 furono aggiunti all’ufficio del protomedico provinciale anche i chirurghi provinciali. Nel giugno di quello stesso anno vennero emanati appositi regolamenti per il servizio del protomedico provinciale, del veterinario provinciale, dei medici distrettuali, dei chirurghi, nonché dei medici e delle ostetriche condotte (cfr. il regolamento annesso alla circolare 28 febbr. 1829 in
Collezione province venete , 1829, parte I, n. 9).
Poiché l’ufficio del medico provinciale funzionava presso la delegazione, anche il relativo archivio finì il più delle volte insieme a quello della delegazione stessa.