Con il motuproprio del 6 luglio 1816 venne esteso a tutte le province dello Stato il sistema degli amministratori camerali incaricati dell’esigenza della tassa diretta, o contribuzione fondiaria, o dativa reale, e di ogni altro dazio che si ritenesse opportuno affidare alla loro amministrazione, venne esclusa ogni responsabilità delle comunità per il pagamento della dativa reale e fu data facoltà all’amministratore camerale di deputare gli esattori di questa imposta con quel premio ed a quelle condizioni che avrebbero concordato e col beneficio delle multe, conformemente alle disposizioni precedenti
[il riferimento è al motuproprio del 2 agosto 1804] . Ogni amministratore camerale poteva riunire sotto la medesima esattoria più comunità, a sua discrezione, ma la scelta degli esattori era subordinata all’approvazione da parte del delegato (artt. 216 e 217).
Con il regolamento del tesoriere generale del 18 settembre 1816 pubblicato per indicare gli obblighi precisi degli amministratori camerali e stabilire un metodo uniforme per la gestione dell’esigenza della dativa reale, delle altre rendite e dei crediti dello Stato, fu stabilito che in ogni delegazione vi fosse un amministratore camerale incaricato dell’esigenza della fondiaria sopra i fondi rustici e i fondi urbani e incaricato di esigere i crediti e ricevere tutte le somme destinate alla Tesoreria generale (art. 1). Nella città di Roma era prevista la presenza di tre amministratori camerali: uno per l’esigenza della dativa reale sui fondi rustici dell’agro romano, al quale poteva essere affidata anche l’esigenza della tassa sulle vigne, un altro per l’esigenza della dativa sopra i fondi urbani della città ed un terzo per quella sui fondi rustici e urbani nei luoghi della Comarca (art. 3).
Gli amministratori camerali dovevano presentare sicure garanzie ipotecando fondi liberi per un valore pari all’importo dell’esigenza della dativa reale di quattro mesi, oppure avere un fideiussore solidale che offrisse la medesima garanzia (artt. 3 e 4); la provvigione per gli amministratori era variabile, proporzionale alla somma esigita, mentre a loro totale beneficio erano lasciate le multe dei contribuenti morosi e un terzo di quelle dovute dagli altri debitori della Camera (artt. 7 e 8). A carico degli amministratori, invece, tutte le spese generiche di amministrazione, dalla sede dell’ufficio (che doveva essere nel capoluogo di delegazione) agli onorari degli impiegati e degli esattori, comprese le spese per il trasferimento del denaro alla Depositeria generale, escluse invece quelle per la forza armata eventualmente richiesta e le spese postali (artt. 9 e 11 e 12). Annualmente gli amministratori camerali ricevevano dal tesoriere generale i ruoli delle contribuzioni da esigere nell’anno, ruoli che costituivano la base del lavoro di ripartizione delle quote fra tutte le comunità. I conti della loro gestione annuale erano inviati a loro volta al tesoriere generale per essere sottoposti al sindacato del tribunale della Camera (artt. 54 e 55). Per gli amministratori scorretti erano previste multe ed essi potevano anche incorrere nell’obbligo di pagare essi stessi i crediti della Camera (artt. 31 e 45).
Tre mesi dopo un altro regolamento, pubblicato dal tesoriere generale il 30 dicembre, istituiva presso ogni amministratore camerale un numero variabile di cursori, retribuiti dalla Camera, incaricati di eseguire tutti gli atti contro i debitori della dativa reale.
Una variazione nelle competenze di alcuni amministratori camerali si ebbe nel 1818 quando fu affidato agli amministratori delle province di Pesaro, Ancona, Macerata, Camerino, Fermo e Ascoli, il pagamento delle pensioni ecclesiastiche, civili, militari, delle congrue e di qualunque altro assegnamento, fino a quel momento effettuato dalle amministrazioni dei beni ecclesiastici ed ex-comunitativi (
vedi
) di Macerata, Ancona e Fermo (notificazione del tesoriere generale, 13 feb. 1818).
Con le Istruzioni del tesoriere generale sul modo di regolare l’esigenza dei dazi dovuti dagli ecclesiastici, agli amministratori camerali furono accordate le facoltà per la pubblicazione dei ruoli e l’esigenza delle tasse e percezioni camerali verso gli ecclesiastici, secondo i privilegi loro accordati, e verso altri privilegiati (istruzioni 29 dic. 1824)
[istruzione successivamente richiamata con la circolare del tesoriere generale del 14 genn. 1831] .
La competenza del tribunale della Camera per la revisione dei conti delle amministrazioni camerali fu trasferita alla Congregazione di revisione dei conti e degli affari di pubblica amministrazione, istituita con motuproprio di Leone XII del 21 dic. 1828. Al sindacato di detta Congregazione furono successivamente sottoposte, con editto 21 novembre 1833, l’amministrazione e la liquidazione del debito pubblico ed anche tutte le operazioni della Congregazione dei residui (art. 9); ad essa anche la facoltà di commettere ai tribunali competenti di procedere civilmente o penalmente a carico degli amministratori – e appaltatori ed impiegati - che avesse giudicato colpevoli (art. 11)
[per la Congregazione di revisione e la Congregazione dei residui v.
Guida generale , AS Roma, III, p. 1175 e p. 1092
] .
Gli amministratori camerali nelle province erano in rapporto diretto con la Direzione generale del debito pubblico per i pagamenti delle pensioni e degli assegni di culto, beneficenza e istruzione pubblica e compensi provvisori, così come lo erano con la Depositeria generale della RCA
[istruzioni del direttore generale del debito pubblico, 22 dic. 1832] . Ad essi competevano anche i sequestri sulle giubilazioni e pensioni
[a Roma tali sequestri competevano al commissario della RCA. Notificazione 31 mar. 1833. Sugli amministratori camerali vedi anche la notificazione del 4 ott. 1832 sulle esattorie e la successiva circolare sulle percettorie del 7 dic. 1832] .
Con le disposizioni riguardanti un nuovo ordinamento del Tesorierato del 29 dic. 1832 tutte le rendite dello Stato vennero ripartite tra le direzioni generali del Tesorierato stesso, la prima delle quali, “delle tasse dirette e delle amministrazioni camerali” ebbe competenza tra l’altro per la dativa reale e per gli arretrati riguardanti i commissariati dei residui (
vedi
) nelle Legazioni e nelle Marche (art. 5).
In data 7 marzo 1840 fu pubblicato un nuovo regolamento per le amministrazioni camerali. Un amministratore camerale veniva istituito sia nella capitale che “in quei capoluoghi di provincia nei quali si crederà opportuno” (art. 1), quindi non più in ogni delegazione e indipendentemente dalla presenza di un tribunale civile. Alle sue dipendenze vi erano, come prima, gli esattori camerali “a tutto suo carico spesa e pericolo” (art. 2); anche i cursori furono, per questo regolamento, a carico degli amministratori (art. 44). Le attribuzioni dell’amministratore camerale nelle province erano, come prima, l’esazione della dativa reale e di tutti i crediti, di tutte le somme che il tesoriere generale gli volesse affidare (art. 4), secondo le modalità meticolosamente indicate nei 64 articoli del regolamento che, in vigore dal 1 gennaio 1841, era arricchito da alcuni allegati tra cui due circolari, una della Presidenza del censo del 25 luglio 1821 sull’esigenza della dativa reale e le relative multe e l’altra della Computisteria generale della Reverenda Camera Apostolica, s.d., sui reclami dei contribuenti. L’amministratore doveva trasmettere al Tesorierato il rendiconto annuale della sua gestione che veniva sottoposto al giudizio della Congregazione di revisione (artt. 42-43). Era tenuto anche a esigere le tasse provinciali e comunali, qualora ne ricevesse l’incarico (art. 53).
Altro regolamento per le amministrazioni camerali fu pubblicato all’inizio del pontificato di Pio IX, il 4 luglio 1846, anch’esso in 64 minuziosi articoli. Oltre agli obblighi già esaminati, l’amministratore si vide incaricato anche di esigere le multe catastali che gli fossero affidate dalla Presidenza del censo (art. 2). Alcune modifiche riguardano la garanzia da presentare da parte degli amministratori e le provvisioni loro dovute (artt. 4, 6, 7); inoltre, essi ebbero la facoltà di procedere contro i debitori morosi con il privilegio della mano regia, procedura privilegiata per l’esecuzione fiscale e la realizzazione dei crediti del fisco (artt. 50 sgg.).