Dal 1861 al 1922
1861-1887: legge comunale e provinciale del 1865
Il sistema prefettizio ha origine nel periodo francese con l’organizzazione territoriale e amministrativa dei dipartimenti, articolati in distretti e cantoni, in cui il potere centrale è rappresentato a livello locale dal prefetto, dal sottoprefetto e dal sindaco, il quale ha la duplice funzione di capo del comune e rappresentante del governo. Il modello organizzativo, sia pure con varie modifiche, permane durante la Restaurazione. Precedenti istituzionali della prefettura italiana si ravvisano nelle intendenze sabaude e in organismi analoghi presenti in altri Stati preunitari.
Con la legge comunale e provinciale del regno di Sardegna,
l. 23 ott. 1859, n. 3702 , il territorio è articolato in province, circondari e comuni retti rispettivamente dal governatore provinciale, dall’intendente e dal sindaco. La norma, nota come legge Rattazzi, risulta valida immediatamente per la Lombardia, appena annessa al Regno di Sardegna, nella quale il “governatore” rappresenta il potere esecutivo in tutta la provincia, e si estende nel 1859-1860 all’Emilia Romagna, alla Sicilia, alle Marche e all’Umbria. Con il ritorno di Cavour al governo viene istituita una Commissione temporanea presso il Consiglio di Stato e si apre un dibattito politico e culturale che include anche un modello di amministrazione locale per regioni. Prevale una linea centralista che porta ad estendere la legge Rattazzi alla Toscana e all’Italia meridionale – mentre viene ritirato il progetto Minghetti sull’istituzione delle regioni - con passaggio di molti poteri dal ministero ai governatori che rafforzano il ruolo di controllo sulle amministrazioni locali.
Con
r.d. 9 ott. 1861, n. 250 , emanato su delega al Governo in pari data, si dispone che i governatori e gli intendenti assumano il titolo di prefetto e gli intendenti di circondario quello di sottoprefetto, i consiglieri di governo e di intendenza quello di consiglieri di prefettura. L’annessa tabella, relativa agli assegni di rappresentanza per le prefetture, elenca le 59 prefetture, a quella data istituite. Con la legge di unificazione amministrativa e annessi allegati, approvata con
r.d. 20 mar. 1865, n. 2248 , il sistema prefettizio diviene la struttura portante del raccordo tra centro e periferia: il prefetto dipende dal Ministero dell’interno e rappresenta il potere esecutivo in tutta la provincia; è altresì presidente della Deputazione provinciale, organo collegiale dell’ente territoriale Provincia, composta di membri eletti dal Consiglio provinciale.
L’All. A, legge comunale e provinciale, stabilisce all’art. 3 che il territorio del Regno si divide in province, circondari, mandamenti e comuni. In ogni provincia vi è un prefetto e un Consiglio di prefettura; in ogni circondario vi è un sottoprefetto che, sotto la direzione del prefetto, compie le incombenze previste dalla legge, esegue gli ordini del prefetto e provvede nei casi di urgenza, riferendone poi al prefetto. Il prefetto esercita il controllo [preventivo] sulle deliberazioni del consiglio comunale e del consiglio provinciale.
L’All. B, legge sulla sicurezza pubblica, stabilisce che l’amministrazione della pubblica sicurezza è diretta dal ministro dell’interno e, per esso, dai prefetti e sottoprefetti. E’ esercitata alla loro dipendenza dall’Arma dei carabinieri e, in ordine gerarchico, dai questori, dagli ispettori, dai delegati e applicati di P.S. Presso ogni capoluogo di provincia vi è un consiglio di disciplina presieduto dal prefetto o dal questore.
L’All. C, legge sulla sanità pubblica, stabilisce che la tutela della sanità pubblica spetta al ministro dell’interno che la esercita, sotto la sua direzione, tramite i prefetti e i sottoprefetti. Prefetti e sottoprefetti possono nominare commissioni, ispettori e delegati temporanei. In ogni capoluogo di provincia o di circondario vi è un Consiglio di sanità presieduto, rispettivamente, dal prefetto o dal sottoprefetto.
A norma dell’art. 3 della legge 2248/1865 il prefetto esercita le attribuzioni a lui demandate dalle leggi e veglia sul mantenimento dei diritti dell’autorità amministrativa elevando, ove occorra, i conflitti di giurisdizione secondo la normativa del 1859, e successivamente secondo la
l. 31 mar. 1877, n. 3761 ; provvede alla pubblicazione ed esecuzione delle leggi; veglia sull’andamento di tutte le pubbliche amministrazioni, ed in caso di urgenza fa i provvedimenti che crede indispensabili nei diversi rami del servizio; sopraintende alla pubblica sicurezza, ha il diritto di disporre della forza pubblica e di richiedere la forza armata.
Il regolamento esecutivo della legge 2248/1865, approvato con
r.d. 8 giu. 1865, n. 2321 , stabilisce che il prefetto provvede al buon andamento degli uffici e del personale da lui dipendenti, sorveglia funzionari e agenti addetti istituzionalmente ai servizi dello Stato, proponendo ai rispettivi ministeri i provvedimenti che ritenga opportuni. Nel mese di novembre il prefetto deve presentare un rapporto annuale al Ministero dell’interno su: condizioni economiche dei comuni; regolarità delle elezioni e frequenza degli elettori; Guardia nazionale; condizione economica e morale degli istituti di beneficenza; condizioni della sanità pubblica e dei cimiteri; sicurezza pubblica e mendicità; industria in generale e eventuale tendenza all’aumento delle fabbriche o alla loro diminuzione; condizioni morali ed economiche della popolazione, delle città, di terre e campagne, con raffronto a situazione precedente e facilità o meno della riscossione delle imposte; ogni altra eventuale materia. Successive circolari ministeriali stabiliranno nel corso dei decenni la cadenza e i criteri per le relazioni periodiche che i prefetti debbono inviare al ministero, nelle quali acquisterà spazio la parte relativa alla situazione politica della provincia e allo stato dell’ordine pubblico.
Oltre alla pubblicazione degli atti di governo, il prefetto deve pubblicare un
Bollettino della prefettura per diramare tutte le circolari e altre disposizioni del suo ufficio; può affidare a ciascun consigliere del Consiglio di prefettura la direzione di uno speciale servizio amministrativo.
Il prefetto ha competenze in materia elettorale. Le liste debbono essere aggiornate e tenute in apposito registro presso l’ufficio di segreteria addetto alla Deputazione provinciale.
L’art. 8 del regolamento fissa l’organizzazione interna delle prefetture in quattro divisioni:
- I Divisione-segreteria, che supporta il Consiglio di prefettura e la Deputazione provinciale, limitatamente all’attività tutoria;
- II Divisione-amministrazione dei corpi morali;
- III Divisione-pubblica sicurezza, servizio militare, leva, sanità pubblica;
- IV Divisione-amministrazione governativa, contabilità, contribuzione e questioni non rientranti nelle altre divisioni.
Il prefetto può articolare in sezioni le divisioni. Il segretario capo della Prefettura, che dipende direttamente dal prefetto, sorveglia la registrazione e spedizione degli affari, ordina l’archivio, tiene l’amministrazione economica dell’ufficio, certifica le copie degli atti emanati dal prefetto, roga i contratti e atti d’incanti. Ogni Prefettura ha un archivio generale o di deposito per gli affari conclusi da tre anni e un archivio corrente. Sono previste due serie, una per gli affari generali e una per gli affari speciali dei corpi morali, entrambe articolate in categorie. E’ prevista la tenuta del registro di protocollo, di un copialettere e un copiadecreti. Con circ. 1° giugno 1866, n. 8508, il Ministero emana le istruzioni per la tenuta dei protocolli e archivi di prefettura con cui si istituisce un protocollo generale, si dettano criteri per la formazione dei fascicoli e si definisce il titolario. Il protocollo generale non include gli affari di leva e di pubblica sicurezza che hanno protocolli e archivi separati; ove è stato istituito un ufficio di Gabinetto, questo dispone di protocollo separato.
I ministeri operano in periferia attraverso propri funzionari o agenti nell’ambito di uffici locali non legati all’organizzazione amministrativa delle prefetture, con circoscrizioni territoriali varie in ragione dell’espletamento delle funzioni e non necessariamente coincidenti con le province. Le rispettive competenze, però, non sono individuate da una normativa specifica, salvo gli intendenti di finanza, istituiti nel 1869. L’autorità cui spetta esprimere il potere centrale in periferia è, dunque, il prefetto, dotato di competenza generale attribuita con legge, salvo che in materia militare e giudiziaria. Anche gli uffici finanziari sono subordinati al prefetto per tutti gli aspetti non tecnici.
Il prefetto è nominato o trasferito con regio decreto, su deliberazione del Consiglio dei ministri e proposta del ministro dell’interno: il governo ha la massima discrezionalità nella scelta dei prefetti, nel trasferirli ad altra sede o nel destituirli. Nelle città più importanti prevale la nomina di prefetti politici, ovvero di persone scelte tra i più eminenti uomini politici, mentre nelle altre città prevale la nomina di prefetti scelti tra il personale di carriera. Il prefetto e il sottoprefetto godono della “garanzia amministrativa”, cioè possono essere chiamati a rendere conto del loro operato solo dalla superiore autorità amministrativa e non possono essere sottoposti a procedimento penale per atti nell’esercizio delle funzioni, senza autorizzazione del re, previo parere del Consiglio di Stato, come si evince dall’art. 8 della l. 20 mar. 1865, n. 2248; l’art. 110 della stessa legge estende la garanzia amministrativa al sindaco.
Dopo sette anni dalla nomina il prefetto può essere nominato senatore, mantenendo le funzioni prefettizie, circostanza che ne aumenta l’indipendenza dal governo. In base al
r.d. 14 dic. 1866, n. 3475 , i prefetti e i funzionari di prefettura appartengono al ruolo dell’amministrazione provinciale dell’interno, distinto da quello dell’amministrazione centrale. I due ruoli verranno unificati con
r.d. 11 nov. 1923, n. 2395 . Il decreto 3475/1866 stabilisce che nelle prefetture deve esservi un solo protocollo e un solo archivio; sono soppresse le divisioni e ogni prefetto deve organizzare il lavoro secondo il personale e la quantità e qualità degli affari.
Nel 1866 vengono annesse al Regno Mantova e le province venete e, in base al
r.d. 2 dic. 1866, n. 3352 , vi rimangono in funzione i commissari distrettuali. Con
r.d. 25 giugno 1877, n. 3933 , viene stabilito il riparto del personale nelle prefetture e negli uffici dipendenti. Al decreto è allegata una tabella con l’articolazione delle province in circondari e in distretti per le province venete e per Mantova: le province del regno sono ora 69.
Il prefetto è coadiuvato dal Consiglio di prefettura, presieduto dal prefetto o da chi ne fa le veci e composto di 3 membri cui possono aggiungersi 2 consiglieri. Fino alla l. 20 mar. 1865, n. 2248, All. E, (riforma del contenzioso amministrativo), i consiglieri avevano funzioni giurisdizionali; perdono poi anche a vantaggio delle deputazioni provinciali e quindi delle giunte provinciali amministrative le attribuzioni di tutela sui comuni. Hanno in prevalenza funzioni consultive facoltative, solo raramente obbligatorie con pareri mai vincolanti. In sostanza collaborano nell’amministrazione attiva: i componenti possono essere inviati nei comuni per il disbrigo di affari in ritardo e uno di essi può sostituire il prefetto quando anche il viceprefetto è impedito.
Da Crispi a Giolitti: leggi comunali e provinciali del 1889, del 1898, del 1908
Nel 1877 Francesco Crispi, divenuto ministro dell’interno aveva riorganizzato il ministero, articolato ora in gabinetto e quattro direzioni generali: amministrazione civile, carceri, pubblica sicurezza, sanità.
Tornato al governo nel 1887 e assunta nuovamente la carica di ministro dell’interno, riorganizza i servizi e il personale, affronta importanti riforme sulla sanità (
l. 22 dic. 1888, n. 5849 ), sulle amministrazioni comunali e provinciali (
l. 30 dic. 1888, n. 5865 , e testo unico approvato con
r.d. 10 feb. 1889, n. 5921 ), sulla pubblica sicurezza (
r.d. 30 giu. 1889, n. 6144 ), sugli istituti carcerari (
l. 14 lug. 1889, n. 3165 ) all’epoca dipendenti dal Ministero dell’interno, sulle istituzioni pubbliche di beneficenza (
l. 17 lug. 1890, n. 6972 ). Con l. 14 lug. 1887, n. 4711, i prefetti possono essere collocati d’ufficio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in aspettativa o a riposo “per ragioni di servizio”; si introduce la possibilità di estendere la nomina di prefetto anche ai deputati.
La
l. 30 dic. 1888, n. 5865 , che porta modifiche alla legge comunale e provinciale del 20 mar. 1865, n. 2248, All. A, detta disposizioni puntuali sulle elezioni amministrative in conformità della legge elettorale politica del 1882 (
l. 24 settembre, n. 999 ). Dalla fusione della legge 5865/1888 con la precedente legge provinciale e comunale si arriva al nuovo testo unico della legge comunale e provinciale (
r.d. 10 feb. 1889, n. 5921 , il cui regolamento di esecuzione viene approvato con
r.d. 10 giu. 1889, n. 6107 ). La nuova normativa detta disposizioni sulle liste elettorali e sull’elettorato, adeguando le elezioni amministrative a quelle politiche, per le quali un allargamento del corpo elettorale era stato approvato con
l. 22 gen. 1882, n. 593 , e con
r.d. 24 set. 1882, n. 999 . Viene introdotta l’elezione del sindaco, nell’ambito del Consiglio comunale, nei comuni capoluogo di provincia o di circondario con più di 10.000 abitanti, mentre negli altri comuni il sindaco è ancora di nomina regia su proposta del prefetto, fino al 1896 quando l’elettività verrà estesa a tutti i comuni. La normativa dispone altresì l’elettività dei presidenti delle deputazioni provinciali, disciplina i consorzi provinciali e modifica l’organizzazione dell’ente Provincia. Viene così sottratta la presidenza della Deputazione provinciale al prefetto, ma risulterà potenziato il controllo del governo centrale e, sul territorio, dei prefetti soprattutto attraverso una più stretta connessione tra la politica tributaria e il controllo sui bilanci di comuni, province ed enti non territoriali, e attraverso l’istituzione della Giunta provinciale amministrativa, di cui il prefetto è presidente, cui vengono attribuite le funzioni di controllo, già spettanti alla Deputazione provinciale. Sulla provincia, costituita dal Consiglio provinciale e dalla Deputazione provinciale, il prefetto esercita tuttora attribuzioni che gli sono affidate dalla legge.
Il regolamento d’esecuzione, regio decreto 6107/1889 formalizza l’istituzione del gabinetto nell’organizzazione interna delle prefetture per la trattazione degli affari di natura politica, riservata o confidenziale. Di fatto, le prefetture avevano istituito, in date diverse, il gabinetto da vari anni, ferma restando l’articolazione in quattro divisioni, cui si aggiunge la ragioneria, e l’ufficio del provveditore agli studi.
La normativa sull’igiene e la sanità pubblica (
l. 22 dic. 1888, n. 5849 , e successivo regolamento approvato con
r.d. 9 ott. 1889, n. 6442 ) fa seguito al
d.m. 3 lug. 1887 in base al quale erano state separate, nell’ambito del Ministero dell’interno, le competenze sulla sanità pubblica da quelle sulle opere pie. La nuova direzione generale si caratterizza per il carattere tecnico e di coordinamento con ampio decentramento delle funzioni. Con vari provvedimenti (
d.m. 11 mar. 1891, n. 30, d.m. 16 apr. 1891, circ. 16 apr. 1891, r.d. 26 apr. 1891, n. 221, r.d. 11 giu. 1891, n. 296 ) vengono delegate al prefetto molte competenze degli organi centrali, tra cui anche quella di nominare i membri del Consiglio provinciale sanitario. Tale estensione di attribuzioni, tuttavia, attuate dal ministro dell’interno Nicotera, snatura il senso del provvedimento crispino in quanto limita pesantemente l’apporto tecnico della Direzione generale della sanità, istituita nel 1887. Subentrando al Nicotera, Giolitti restituisce al ministero con
r.d. 1° dic. 1892, n. 694 , alcuni poteri che erano stati assegnati al prefetto, tra cui la nomina dei membri del Consiglio provinciale sanitario, del Medico provinciale e del Veterinario provinciale.
La legge sulle istituzioni pubbliche di beneficenza, IPB, (
l. 17 lug. 1890, n. 6972 , e regolamento approvato con
r.d. 5 feb. 1891, n. 99 ), formalmente ispirata allo stesso criterio di decentramento di quella sulle opere pie del 1862, concentra poteri di controllo, prima spettanti di fatto quasi esclusivamente alle deputazioni provinciali e ai consigli comunali, nella Giunta provinciale amministrativa, nel prefetto – che deve destinare alla tutela delle istituzioni di beneficenza un consigliere comunale – e nel Ministero dell’interno. Rispetto alla legge sulle opere pie del 1862, la nuova normativa non considera le istituzioni con fini di culto, ma solo quelle con fini di utilità sociale: assistenza ai poveri, istruzione, educazione, avviamento a qualche professione arte o mestiere o comunque al miglioramento morale o economico. Ne consegue uno stato di conflittualità con la Chiesa e una serie di difficoltà per l’accertamento del fine sociale. Con
r.d. 26 apr. 1891, n. 221 , vengono delegate ai prefetti le attribuzioni di tutela sulle IPB mantenute con il concorso dello Stato, ai sensi dell’art. 43 della legge 6972/1890, ma con successivo
r.d. 12 nov. 1891, n. 663 , viene avocata al Ministero dell’interno la tutela per le istituzioni romane, in conseguenza della legge speciale su Roma che introduce per la capitale disposizioni particolari anche in materia di edilizia e di sanità.
Infine, le funzioni dei prefetti si accentuano anche con il complesso delle riforme sull’ordinamento della pubblica sicurezza (testo unico approvato con
r.d. 30 giu. 1889, n. 6144 , e regolamento approvato con
r.d. 8 nov. 1889, n. 6517 ) collegato da un lato alla ricostituzione della Direzione generale della pubblica sicurezza, nel 1887, alle disposizioni relative all’impianto del Servizio anagrafico-statistico, alle norme per il servizio e le attribuzioni degli ufficiali e agenti di P.S., al regolamento del personale e a quello delle guardie di città, e dall’altro al nuovo codice penale e alla riforma penitenziaria. Il testo unico disciplina le misure dell’ammonizione, della vigilanza speciale e del domicilio coatto, per la cui assegnazione e durata sono competenti le commissioni provinciali presiedute dal prefetto.
In considerazione della ridefinizione delle funzioni, Crispi presenta nel gennaio 1891 un progetto di riforma delle prefetture e sottoprefetture, inteso a rafforzare, anche nei mezzi di azione, i poteri dei prefetti: il progetto non viene approvato per l’ostilità suscitata dagli ulteriori limiti che avrebbe comportato per le autonomie locali. Nicotera annulla poi, nel marzo 1891 le disposizioni crispine del 1888 che ammettevano estranei alla carriera nel concorso per consigliere di prefettura e scioglie la Direzione generale dell’amministrazione civile, cui facevano capo le funzioni di controllo e di tutela sui comuni e sulle istituzioni pubbliche di beneficenza che passano così al Gabinetto.
Con
r.d. 29 ago. 1897, n. 512 , viene approvato il nuovo regolamento degli uffici finanziari che accresce l’indipendenza degli intendenti di finanza dal prefetto.
Con
r.d. 4 maggio 1898, n. 164 , viene approvato il nuovo testo unico della legge comunale e provinciale. Permane l’articolazione amministrativa in province, circondari, mandamenti e comuni, ma a Mantova e nelle province venete rimane l’articolazione in province, distretti e comuni: in ogni provincia c’è il prefetto, un consigliere delegato, il Consiglio provinciale e la Giunta provinciale amministrativa, nei distretti invece del sottoprefetto vi è un commissario distrettuale con le attribuzioni stabilite con
r.d. 18 lug. 1866, n. 3064 , e
r.d. 2 dic. 1866, n. 3352 . Presso la Prefettura permane ancora l’ufficio del Provveditore agli studi (art. 5 del reg.) che solo nel 1911 si sottrarrà alla tutela prefettizia.
Il testo unico armonizza in materia elettorale le disposizioni precedenti con le leggi del 1894 (
l. 11 lug. 1894, n. 286 , e
l. 11 lug. 1894, n. 287 ), e con il
r.d. 1° dic. 1889, n. 6509 . Il prefetto mantiene le sue funzioni di controllo sugli atti del comune; contro l’annullamento del prefetto è ammesso ricorso al governo che provvede con decreto reale, previo parere del Consiglio di Stato. Le deliberazioni del Consiglio e della Deputazione provinciale vengono sottoposte al prefetto e diventano esecutive se il prefetto non le annulla; contro l’annullamento del prefetto si ricorre al ministro dell’interno che provvede con decreto reale, sentito il parere del Consiglio di Stato.
Durano in carica per un triennio i componenti delle seguenti commissioni nominate dai consigli provinciali: Consiglio di leva, Commissione per la requisizione dei quadrupedi, Consiglio scolastico, Revisori della lista dei giurati, Direzione provinciale del tiro a segno nazionale, Comitato forestale, Commissione per la liquidazione dei danni dell’emigrazione, Commissione per la vendita dei beni ecclesiastici, Commissione per la rivendita di privative. Alla Prefettura fanno capo altresì la Commissione finanziaria, la Commissione di belle arti, il Consiglio di sanità e la Commissione delle imposte.
Il testo unico dà facoltà al governo di delegare ai prefetti quelle facoltà delle amministrazioni centrali che verranno indicate in un elenco da approvarsi con decreto reale e di provvedere alla mutazione dei distretti delle province venete e di Mantova in circondari, sostituendo i sottoprefetti ai commissari distrettuali.
Il regolamento d’esecuzione, approvato con
r.d. 19 set. 1899, n. 394 , esprime la necessità di nuove istruzioni ministeriali per la forma del protocollo generale, dell’indice alfabetico e altri eventuali registri.
Nei primi anni dell’amministrazione giolittiana si riportano in primo piano le funzioni svolte dalla ricostituita Direzione generale dell’amministrazione civile, rispetto a quelle di polizia che erano risultate centrali nella crisi di fine secolo. Oltre ai compiti di controllo su comuni e province e sulle istituzioni pubbliche di beneficenza si sviluppano funzioni di coordinamento e di controllo sulle aziende municipalizzate dei pubblici servizi (
l. 29 mar. 1903, n. 103 , che trae origine dall’art. 173 della legge comunale e provinciale 164/1898, che riproponeva l’art. 14 del
r.d. 6 lug. 1890, n. 7036 , sull’amministrazione e la contabilità dei comuni.). In base a
r.d. 14 nov. 1901, n. 466 , la nomina e la destinazione dei prefetti è deliberata dal Consiglio dei ministri. Con una serie di circolari dirette alle prefetture, a partire dal 1903, si mira a razionalizzare i riscontri sui bilanci e sui conti delle opere pie. Con
l. 18 lug. 1904, n. 390 , e successivo regolamento approvato con
r.d. 1° gen. 1905, n. 12 , si privilegiano le funzioni tecniche e viene riorganizzato il sistema di controllo e si istituisce, a livello centrale, il Consiglio superiore di assistenza e beneficenza; a livello locale vengono costituite Commissioni provinciali di assistenza e beneficenza, con compiti di indirizzo e di tutela dei poveri. A queste commissioni vengono attribuite le funzioni di controllo, prima attribuite alla Giunta provinciale amministrativa che mantiene le funzioni in materia di contenzioso. Nello stesso anno, con
l. 25 feb. 1904, n. 57 , vengono apportate modifiche anche alla riforma sanitaria, il cui regolamento del 1889 era stato sostituito nel 1901 (rimasto parzialmente in vigore fino alla riforma del 1978), e con
l. 1° ago. 1907, n. 636 , viene approvato il testo unico delle leggi sanitarie. Con
l. 18 lug. 1904, n. 390 , viene rafforzato il ruolo degli ispettori.
Con
r.d. 21 maggio 1908, n. 269 , viene approvato un nuovo testo unico della legge comunale e provinciale che armonizza il precedente con altre norme. Il Consiglio provinciale elegge nel suo seno la Deputazione provinciale e il presidente della deputazione (
l. 11 feb. 1904, n. 35 , art. 3). Il prefetto esercita il controllo sulle deliberazioni del Consiglio provinciale e della Deputazione provinciale, così come quelle del Consiglio comunale. Il Consiglio di prefettura rivede i conti comunali, mentre quelli provinciali sono sottoposti a giudizio della Corte dei conti che giudica con giurisdizione contenziosa. A partire dal 1° luglio 1908 le spese a carico dei comuni per la pubblica sicurezza passano per metà allo Stato, ai sensi dell’art. 52 della
l. 31 ago. 1907, n. 690 , e dal 1° luglio successivo passano interamente allo Stato. Viene ribadita la facoltà al governo di mutare i distretti delle città venete e di Mantova in sottoprefetture con il sottoprefetto al posto dei commissari distrettuali. La legge sullo stato giuridico degli impiegati civili (l. 25 giu. 1908, n. 290), conferma l’attribuzione della nomina dei prefetti al Consiglio di Stato, che può affidare l’incarico anche a persone estranee all’amministrazione.
Nell’ultimo decennio del secolo e negli anni successivi si estende l’attività di controllo del prefetto sulle industrie insalubri e pericolose, sul lavoro delle donne e dei fanciulli, sull’emigrazione, sul risanamento del suolo e degli abitati, sui terremoti; viene potenziato il suo ruolo di mediazione dei conflitti sociali connessi al processo di industrializzazione. Ma il potenziamento di altri uffici periferici dello Stato e di nuovi enti pubblici tende a limitare le funzioni della Prefettura come pure la creazione di commissariati civili (come ad esempio quello per la Sicilia o quella per la Basilicata), i cui compiti vengono rivendicati dai prefetti. I prefetti, tuttavia, manterranno ancora il ruolo di preminenza a livello provinciale per quell’insieme di attribuzioni politiche e amministrative che ne caratterizzano le responsabilità di fronte al governo e al ministro dell’interno per la situazione della provincia, per il mantenimento dell’ordine pubblico, per l’andamento delle elezioni, per la garanzia dell’applicazione di tutte le norme che regolano la vita dei cittadini, la conflittualità economica e sociale e l’attività delle amministrazioni locali.
Con
r.d. 12 feb. 1911, n. 297 , All. 1, la Prefettura viene organizzata in un gabinetto e quattro divisioni:
- Gabinetto: personale di prefettura e di altri uffici governativi, sindaci, associazioni, avvenimenti politici, emigrazione, rapporti con le autorità politiche e militari, stampa, affari diversi;
- Divisione prima: contratti, rilascio copie, naturalità e cittadinanza, esattorie e ricevitorie, asse ecclesiastico, personale delle commissioni provinciali e mandamentali delle imposte dirette, belle arti, antichità, culto; protocollo generale, archivio, biblioteca, diramazione e conservazione delle leggi e degli atti di governo;
- Divisione seconda; affari comunali e provinciali; liste elettorali politiche e amministrative, elezioni; demani comunali; istituzioni di beneficenza;
- Divisione terza: Igiene e sanità; leva e servizi militari, tiro a segno nazionale, milizia territoriale; servizio forestale, miniere e cave, pesi e misure, fiere e mercati, affari diversi di agricoltura industria e commercio; carceri, lavori nelle prigioni, personale di custodia.
Il testo unico della legge comunale e provinciale del 1915
In base al testo unico del 1915 (
l. 4 feb. 1915, n. 148 ), che armonizza il precedente con la
l. 19 giu. 1913, 640 , con la
l. 2 giu. 1914, n. 456 , con la
l. 26 giu. 1913, n. 821 (testo unico), si conferma l’articolazione del territorio del regno in province, circondari, mandamenti e comuni. In ogni provincia vi è il prefetto o il viceprefetto, il Consiglio di prefettura e la Giunta provinciale amministrativa. In base al testo unico,
l. 4 giu. 1911, n. 487 , art. 2, si riduce a due anni il periodo in cui restano in carica i componenti delle commissioni nominate dai consigli provinciali: Consiglio di leva, Commissione per la requisizione dei quadrupedi, Revisori della lista dei giurati, Direzione provinciale del tiro a segno nazionale, Comitato forestale, Commissione per la liquidazione dei danni dell’emigrazione, Commissione per la vendita dei beni ecclesiastici, Commissione per la rivendita di privative.
Negli anni di guerra - in particolare a seguito del
r.d. 23 mag. 1915, n. 674 , relativo ai provvedimenti di pubblica sicurezza che introduce sostanziali restrizioni in materia di libertà, e in generale con tutti gli altri provvedimenti di guerra – si accentuano i poteri del prefetto che diventa l’asse portante per la tutela del fronte interno. Particolarmente rilevanti sono le innovazioni introdotte per la tutela dell’ordine pubblico, per i servizi di spionaggio e controllo politico e per la propaganda, misure che verranno riprese e potenziate durante il fascismo. Alla fine del conflitto le circolari ministeriali invitano i prefetti a modellare la loro attività sulle esigenze economiche e straordinarie del paese, ma l’ondata rivoluzionaria del 1919-1920, le nuove prospettive aperte dalla cospirazione bolscevica e la crisi del liberalismo di fronte all’impatto delle masse nella società induce il Ministero dell’interno a una sostanziale riorganizzazione della pubblica sicurezza per il controllo dell’ordine pubblico, che tuttavia si sviluppa non senza contraddizioni e incertezze. A livello locale, il prefetto è il responsabile della pubblica sicurezza e del mantenimento dell’ordine pubblico, ma viene riorganizzata e potenziata la Questura.
Dal 1922 al 25 luglio 1943
Assunta la carica di presidente del consiglio il 31 ottobre 1922, Mussolini, forte della delega dei pieni poteri per il riordinamento del sistema tributario e la riorganizzazione dei pubblici uffici stabilita con
l. 3 dic. 1922, n. 1601 , affronta una serie di riforme sostanzialmente in linea con studi e proposte dei mesi precedenti. Con
r.d. 11 nov. 1922, n. 2395 , viene approvato l’ordinamento gerarchico delle amministrazioni dello Stato. Trasferita al Ministero della giustizia e affari di culto, con
r.d. 31 dic. 1922, n. 1718 , la Direzione generale carceri e riformatori, si limita la competenza in materia prima spettante alle prefetture. La riforma della legge comunale e provinciale, approvata con
r.d. 30 dic. 1923, n. 2839 , risulta ispirata ad una logica di decentramento di funzioni ministeriali alle prefetture, con ampliamento anche delle competenze delle giunte municipali e delle deputazioni provinciali, nonché dei sindaci e dei presidenti delle amministrazioni provinciali; rispetto al precedente testo unico 148/1915 stabilisce che spetta al governo stabilire il numero dei circondari, la loro circoscrizione e la designazione dei loro capoluoghi; il sottoprefetto oltre alle funzioni stabilite dalla legge, esercita tutte le funzioni che possono essergli delegate dal prefetto; nella composizione della Giunta provinciale amministrativa viene incluso l’intendente di finanza; la successiva
l. 18 giu. 1925, n. 1094 , apporta modifiche in ordine alla costituzione dei consigli provinciali e della Giunta provinciale amministrativa.
Con
r.d. 30 dic. 1923, n. 2841 , viene riformata la legge del 1890 sulle istituzioni pubbliche di beneficenza, ora denominate istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, IPAB: vengono ricondotte alla Giunta provinciale amministrativa e al prefetto le funzioni assegnate nel 1904 alle commissioni provinciali che vengono soppresse unitamente al Consiglio superiore di assistenza e beneficenza. Il prefetto ha la facoltà di sciogliere le amministrazioni degli enti nel comune; viene altresì modificata la composizione delle Congregazioni di carità.
In una fase di incertezza del governo circa il ruolo delle istituzioni dello Stato, in particolare degli organi preposti alla sicurezza e all’informazione, e quello di organismi del partito fascista viene emanata la circolare del 3 giugno 1923 in cui si afferma che il prefetto è l’unico rappresentante del governo nella provincia. Ma con
r.d. 30 dic. 1923, n. 2960 , si stabilisce, all’art. 102, che i prefetti, previa decisione del Consiglio dei ministri, possono essere collocati a disposizione dal ministro “quando richiesto dall’interesse del servizio”, rimanendo considerati in servizio effettivo. Nel corso del 1923-1924 si hanno le prime misure restrittive per la stampa e il diritto di associazione, in particolare per quelle operaie sostenute con il contributo dei lavoratori. Con circolare 17 dic. 1924, n. 34739, si chiede ai prefetti l’invio semestrale di relazioni sull’attività sovversiva e sui partiti politici in genere.
A queste prime riforme fa seguito, come annunciato dal discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925, una nuova fase in cui si delinea la natura antidemocratica del regime e le successive “leggi fascistissime” ne confermano il carattere autoritario, con inevitabili riflessi sulle funzioni delle prefetture. All’ampliamento delle funzioni prefettizie, soprattutto nell’ambito del controllo preventivo e repressivo dell’opposizione politica, attuato con la facoltà di scioglimento delle associazioni, la soppressione della libertà di stampa e dei partiti politici, la censura sulla corrispondenza, la persecuzione politica nei confronti degli oppositori, corrisponde un ridimensionamento del ruolo del prefetto sia per il proliferare di enti pubblici con funzioni sul territorio svincolate dal controllo del prefetto sia, soprattutto, per il ruolo crescente del Partito nazionale fascista (PNF), divenuto partito unico, il cui segretario federale – con l’istituzione delle federazioni provinciali del PNF - assume nella provincia un potere concorrente rispetto a quello del prefetto. Le nuove leggi elettorali (del 1923 e del 1928) e la sostituzione del sindaco con il podestà, di nomina governativa (
r.d.l. 3 set. 1926, n. 1910 , che estende a tutti i comuni il regime podestarile, introdotto con
l. 4 feb. 1926, n. 237 , nei comuni che non superano i 5.000 abitanti), al pari del presidente della provincia coadiuvato dal Rettorato (
l. 27 dic. 1928, n. 2962 ) limiteranno ulteriormente i poteri del prefetto sulle amministrazioni locali e gli sottrarranno il ruolo che in età liberale esercitava in occasione delle elezioni politiche e amministrative. Con
r.d.l. 17 ago. 1928, n. 1953 , i segretari comunali si configurano ora come diretti collaboratori del podestà, ma diventano funzionari dello Stato.
Tuttavia, per ragioni di equilibrio tra i poteri istituzionali e le rivendicazioni dei ras fascisti, il capo del governo, secondo la nuova denominazione assunta nel 1925 dal presidente del consiglio, dichiara nuovamente la supremazia del prefetto su ogni altra autorità locale, ivi compresi i segretari federali. Come già nel 1923, con la citata circolare del 13 giugno, era stato stabilito che i prefetti sono “gli unici e soli rappresentanti (dell’) autorità (del) Governo nella provincia”, questo principio viene ribadito con la circolare del 5 gennaio del 1927. La posizione del prefetto deve essere organicamente rafforzata e, nel contempo, gli enti locali debbono essere inquadrati nella disciplina giuridica e politica dello Stato.
Il
r.d.l. 23 ott. 1925, n. 2113 , aveva istituito il servizio ispettivo su comuni e province affidato a funzionari del Ministero dell’interno. Il prefetto poteva adottare sanzioni disciplinari a carico del personale degli enti locali che svolgesse “azione incompatibile con le generali direttive politiche del governo”.
Le attribuzioni dei prefetti vengono estese con
l. 3 apr. 1926, n. 660 : i prefetti assicurano, in conformità alle direttive del governo, l’unità di indirizzo politico dei servizi dello Stato e degli enti locali e coordinano l’azione di tutti gli uffici pubblici, nell’ambito della rispettiva provincia, vigilandone i servizi, salvo i rapporti con l’amministrazione della giustizia, della guerra, della marina, dell’aeronautica e delle ferrovie e con i provveditorati alle opere pubbliche per il Mezzogiorno e per le isole. A tal fine il prefetto convoca una volta al mese e ogni altra volta che lo ritenga opportuno una riunione collegiale con l’intendente di finanza, il provveditore agli studi o suo delegato, i subeconomi dei benefici vacanti, l’ingegnere capo del genio civile, il direttore provinciale delle poste e dei telegrafi, l’ispettore forestale, i direttori delle cattedre ambulanti di agricoltura, l’ingegnere capo del corpo delle miniere, l’ispettore del lavoro e i comandanti di porto nei maggiori scali marittimi della provincia. Possono essere chiamati a partecipare anche i procuratori del re per gli affari amministrativi di loro competenza. Il prefetto può chiamare questi funzionari anche singolarmente. Il prefetto, nei limiti previsti dalla legge, vigila sul personale delle varie amministrazioni statali. Questa legge (artt. 1 e 2), in sostanza, mira al coordinamento politico di tutta l’azione del Governo in periferia. L’aumento del prestigio della carriera prefettizia induce un allargamento del numero dei prefetti politici, cui si porrà in freno con
r.d. 26 giu. 1937, n. 1058 , che stabilisce che i 3/5 dei prefetti debba essere di carriera.
Con
r.d.l. 2 gen. 1927, n. 1 , vengono soppresse le sottoprefetture e istituite 17 nuove province, sede di prefettura.
A seguito dell’introduzione del Tribunale speciale per la difesa dello Stato (
l. 25 nov. 1926, n. 2008 ) del nuovo Codice penale (
r.d. 19 ott. 1930, n. 1398 ) e Codice di procedura penale (
r.d. 19 ott. 1930, n. 1399 ), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (
l. 6 nov. 1926, n. 1848 , coordinato al Codice penale con
r.d. 18 giu.1931, n. 773 , e successivo regolamento approvato con
r.d. 6 mag. 1940, n. 635 ) aumentano le funzioni di controllo politico, preventivo e repressivo e vengono potenziate a tal fine le misure di sicurezza che consentono di perseguire gli oppositori politici in via amministrativa, senza ricorrere alla giustizia. Vengono disciplinate le Commissioni provinciali, presiedute dal prefetto, per adottare le misure di confino di polizia e di ammonizione, cioè di misure preventive che il regime adotta per reprimere l’opposizione politica, in assenza di reati; ulteriori misure di polizia amministrativa, la cui attuazione spetta al prefetto, condizioneranno ogni attività di lavoro, di natura sociale, economica e culturale.
Nel 1932,
r.d. 20 lug. 1932, n. 884 , passano dal Ministero di grazia e giustizia al Ministero dell’interno la Direzione generale degli affari di culto e la Direzione generale del fondo per il culto e del fondo di beneficenza e di religione nella città di Roma: con
r.d.l. 19 ago. 1932, n. 1080 , convertito in
l. 6 apr. 1933, n. 455 , sono definite le norme per il passaggio alle prefetture dei poteri e delle facoltà già spettanti alle procure generali presso le corti di appello e agli uffici per gli affari di culto presso le procure stesse.
Il testo unico della legge comunale e provinciale del 1934 (
r.d. 3 marzo 1934, n. 383 ) conferma l’art. 1 della legge 660/1926 che prevede riunioni mensili del prefetto con gli altri funzionari dello Stato (che - di fatto - sembrano essere saltuarie) e, all’art. 19, ribadisce, come nella stessa legge 660/1926, che al prefetto compete il coordinamento politico di tutta l’azione del governo nella provincia.
Ulteriori provvedimenti riguardano la finanza locale (testo unico approvato con
r.d. 14 settembre 1931, n. 1175 , disposizioni riprese nel testo unico della legge comunale e provinciale del 1934), la sanità pubblica (testo unico approvato con
r.d. 27 lug. 1934, n. 1265 , e regolamento approvato con
r.d. 30 set. 1938, n. 1631 ) e l’istituzione degli Enti comunali di assistenza (
l. 3 giu. 1937, n. 847 ), con rappresentanti dei fasci di combattimento e dei fasci femminili, al posto delle precedenti Congregazioni di carità.
A seguito delle leggi razziali del 1938 e 1939 vengono conferire alle prefetture le funzioni relative alla politica razziale e al controllo demografico. Con l’entrata del Paese in guerra, nel 1940, i prefetti assumono funzioni in materia di internamento di stranieri e italiani, applicabile anche nei casi in cui è previsto il confino di polizia per gli oppositori politici e ora anche per fatti connessi alla guerra (sabotaggio, frode alimentare, ecc.). Altre funzioni derivano dall’organizzazione della mobilitazione civile in caso di guerra e, durante la guerra, si aggiungono funzioni dirette o di coordinamento in materia di approvvigionamenti, di sfollamento, di protezione antiaerea, di assistenza in conseguenza dell’istituzione dell’Ispettorato poi Direzione generale per i servizi di guerra, dell’Unione nazionale per la protezione antiaerea (UNPA) e della Direzione generale per i servizi di protezione antiaerea.
Con circ. 3 ago. 1940, n. 8900.18, vengono emanate nuove istruzioni per l’organizzazione dell’archivio: due archivi correnti separati, uno per il Gabinetto (riconosciuto in tal modo anche sotto il profilo formale) e l’altro per gli uffici amministrativi, gestiti in base a un titolario per il Gabinetto e a un rinnovato quadro di classificazione per gli uffici amministrativi da adottarsi in tutte le prefetture del regno, con registrazione analitica dei documenti. Si viene così a porre ordine in una situazione che, di fatto, si era trasformata rispetto alle istruzioni del 1866.
Dal 1943 al 1948
A seguito della destituzione di Mussolini, il 25 luglio 1943, il Ministero dell’interno affidato a Bruno Fornaciari e poi a Umberto Ricci, avvia un cospicuo movimento di prefetti, tendente a rimuovere quelli di nomina politica designati dal governo fascista. Ciò contribuisce a mantenere il precedente assetto amministrativo e, soprattutto l’istituzione prefettizia, anche quando, dopo l’armistizio (8 settembre) il sovrano ed il governo si trasferiscono a Brindisi (Governo del sud). Il governo Badoglio avvia, fin dalla fine del 1943, il processo di epurazione dei funzionari delle pubbliche amministrazioni collusi con il regime fascista. Le misure di prevenzione vengono ora applicate per fatti connessi ad attività fascista: modifiche agli istituti dell’ammonizione e del confino vengono apportate con
d.lgs.lgt. 10 dic. 1944, n. 419 . Ai prefetti è affidata la presidenza delle commissioni provinciali di epurazione per il personale degli enti locali e presso le prefetture hanno sede, con propria distinta amministrazione, le Delegazioni provinciali dell’Alto commissariato per le sanzioni contro il fascismo.
Nel contempo, costituita alla fine di settembre del 1943 la Repubblica sociale italiana dopo la liberazione di Mussolini ad opera dei tedeschi, si procede a sostituire tutti i prefetti dell’Italia centro settentrionale, qui denominati capo provincia, e i questori di carriera con persone di provata fede fascista. In corrispondenza della progressiva liberazione delle città dai nazi-fascisti, ove si instaura il governo dei Comitati di liberazione nazionale (CLN), vengono insediati prefetti e questori di nomina politica scelti dai CLN o nominati dal Governo militare alleato (AMG).
La Commissione Forti, insediata dal Governo Bonomi nell’ottobre del 1944 affronta il tema della riforma dell’amministrazione e, pertanto, anche quello del mantenimento o meno della figura del prefetto e della eventuale istituzione delle regioni. La seconda Commissione Forti, istituita dal Ministero per la costituente nel novembre 1945 opta per il mantenimento del prefetto, sia pur limitandone le funzioni politiche; prospetta altresì anche una limitazione di quelle amministrative, rientrando tra i compiti degli altri uffici periferici le funzioni tecnico- amministrative specializzate.
Con i governi Bonomi il Ministero dell’interno procede al collocamento a riposo dei prefetti maggiormente compromessi con il regime fascista, mentre tende a recuperare, anche per l’effettiva competenza nella gestione della difficile situazione sociale, il ruolo del prefetto come insostituibile struttura istituzionale a livello territoriale. All’inizio del 1946, un provvedimento stabilisce che i prefetti nominati dai CLN o dall’AMG debbono essere congedati, a meno che non entrino in carriera. A seguito del
d.lgs. 7 feb. 1948, n. 48 , gran parte dei prefetti collocati a riposo vengono riammessi in carriera, anche se in prevalenza per il recupero dell’anzianità ai fini della pensione.
Prima ancora della cessazione delle operazioni militari ha inizio nell’Italia meridionale l’intervento di erogazioni delle truppe alleate e i primi aiuti internazionali, di origine pubblica e privata, che modificano l’assetto dell’assistenza, ora fortemente caratterizzata dall’influenza americana e vaticana. Si creano nuovi organismi, quali l’Ente nazionale per la distribuzione dei soccorsi in Italia (ENDSI), la Pontificia commissione di assistenza (PCA) e la Delegazione del governo italiano per i rapporti con l’UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation administration), cui succede nel 1947 l’Amministrazione per gli aiuti internazionali (AAI). I prefetti fanno parte dei nuovi enti, ENDSI, UNRRA e poi AAI.
Vengono ricostituiti, con
d.lgs. 22 mar. 1945, n. 173 , i Comitati provinciali di assistenza e beneficenza, presieduti dai prefetti, con più forti poteri di coordinamento e di intervento sulle attività assistenziali della provincia, di vigilanza sulla gestione degli Enti comunali di assistenza (ECA) e delle IPAB, consultive in materia di scioglimento delle amministrazioni delle IPAB, sulle richieste di erezione in ente morale, sull’accettazione di lasciti o donazioni, su provvedimenti di natura giuridica.
Nel 1945 vengono definitivamente a cessare le funzioni in materia razziale e quelle connesse ai servizi di guerra e ai servizi di protezione antiaerea. Nello stesso anno è soppressa la Direzione generale della sanità pubblica, le cui competenze passano all’Alto commissariato per l’igiene e la sanità alle dipendenze della Presidenza del consiglio. Nel 1947, a seguito della soppressione del Ministero dell’assistenza post-bellica, una parte delle sue competenze passa ad una nuova Direzione generale dell’assistenza post-bellica, presso il Ministero dell’interno.
Dal 1948 al 1999
La Costituzione non recepisce i lavori della Commissione Forti e non dice nulla a proposito dei prefetti, che mantengono le loro funzioni. Nel nuovo ordinamento repubblicano le prefetture hanno sede in ogni capoluogo di provincia salvo in Valle d’Aosta, Regione a statuto speciale, ove è stata soppressa la provincia, e nelle province autonome di Trento e Bolzano ove si trovano i Commissari di governo. La Costituzione disciplina, invece, la figura del Commissario di governo (carica di fatto coincidente con il prefetto del capoluogo di regione), che però non si inserisce mai pienamente nella realtà politico-amministrativa.
La
l. 8 mar. 1949, n. 277 , abolisce l’art. 19 del testo unico della legge comunale e provinciale del 1934, che riconduceva al prefetto il coordinamento e le direttive per l’attività di tutti gli uffici della provincia e l’unità di indirizzo politico nello svolgimento dei diversi servizi, in conformità delle direttive del governo. Il prefetto resta ora rappresentante del “potere esecutivo nella provincia” e adotta, in caso di urgente necessità, i provvedimenti indispensabili nel pubblico interesse nei diversi rami del servizio. Viene, in sostanza, fortemente ridimensionata la posizione di preminenza rispetto agli altri uffici statali periferici. Si determinano altre funzioni connesse, soprattutto, alle trasformazioni della società e della situazione politica. Gli sviluppi della guerra fredda, in presenza di un forte Partito comunista, e i contrasti interni al partito della Democrazia cristiana in vista dell’apertura del governo al Partito socialista determinano l’inasprimento delle misure di sicurezza nel caso si delinei uno stato di emergenza, con conseguente accrescimento dei poteri nell’ambito della tutela dell’ordine pubblico.
Rispetto alle tradizionali funzioni di vigilanza sugli enti locali e sulle istituzioni pubbliche di beneficenza, la
l. 11 mar. 1953, n. 150 , all’art. 8, attribuisce al governo la delega per il decentramento ad organi periferici di compiti attribuiti all’amministrazione centrale; la delega è prorogata con
l. 18 giu. 1954, n. 343 . Con
d.p.r. 19 ago. 1954, n. 968 , viene approvato il provvedimento per il decentramento dei servizi del Ministero dell’interno. Di fatto si attua un limitato decentramento, anche per quanto riguarda gli enti locali, ma in attuazione dell’art. 130 della Costituzione e in conformità della
l. 10 feb.1953, n. 62 (legge Scelba) cade “il controllo di legittimità” sugli atti degli enti locali. Alla modesta cessione di funzioni alle Regioni, attuata nel 1972, va collegato il
d.p.r. 30 giu. 1972, n. 748 (legge sulla dirigenza), che conferisce ai dirigenti degli uffici periferici dello Stato le medesime potestà conferite ai dirigenti di pari qualifica preposti agli uffici dei ministeri. Segue, nel 1977, una seconda fase di trasferimento di funzioni alle regioni molto più incisiva che sottrae al Ministero dell’interno le attribuzioni in materia di assistenza.
L’istituto prefettizio perde competenze e prerogative anche per effetto di decisioni della Corte costituzionale: con sentenza del 23 mag. 1961, n. 26, si dichiara illegittimo l’art. 2 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931 che attribuiva ai prefetti nel caso di urgenza o grave necessità pubblica la facoltà di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica; successivamente si dichiara illegittima la garanzia amministrativa del prefetto, di cui all’art. 22 della legge comunale e provinciale del 1934.
Si provvede, in questi anni, ad una razionalizzazione della tenuta dell’archivio della Prefettura con circ. 27 mar. 1962, n. M/3301. Si dettano norme per la classificazione e per il protocollo e si procede alla sostituzione dell’archivio generale degli uffici amministrativi con serie distinte per ogni ufficio con autonomia funzionale. Ne consegue un’organizzazione dell’archivio in Gabinetto e Divisioni.
Nel 1948 il Ministero dell’interno si articolava in sette direzioni generali: amministrazione civile, pubblica sicurezza, affari generali e personale, affari di culto, fondo per il culto, servizi antincendio (istituiti nel 1939), assistenza post-bellica. Si costituisce nel 1949 la Direzione generale dell’assistenza pubblica ove confluiscono le competenze della precedente Direzione generale dell’assistenza post-bellica e le funzioni di assistenza e beneficenza in precedenza svolte da una divisione della Direzione generale dell’amministrazione civile. Con
l. 13 mag. 1961, n. 469 , passano al Ministero dell’interno i servizi tecnici preposti alla protezione della popolazione civile, già spettanti al Ministero dei lavori pubblici e ad altre amministrazioni tecniche. Nel 1962 (
l. 12 ago. 1962, n. 1340 ) viene istituita la Direzione generale per le attività assistenziali internazionali (AAI), che – a seguito del trasferimento alle regioni delle attribuzioni in materia di assistenza (
d.p.r. 24 lug. 1977, n. 617 ) - viene soppressa nel 1977, con passaggio di competenze in materia di assistenza straordinaria, rapporti con organismi internazionali, assistenza ai profughi e riconoscimento della qualifica di “rifugiato” alla nuova Direzione generale dei servizi civili; con lo stesso provvedimento viene soppressa la Direzione generale dell’assistenza pubblica, le cui funzioni relative ai centri assistenziali di pronto intervento in caso di calamità passano alla Direzione generale per la protezione civile e i servizi antincendi, così denominata a seguito della
l. 8 dic. 1970, n. 996 , recante norme sul soccorso e l’assistenza alle popolazioni colpite da calamità. Il regolamento di questa legge, approvato dopo oltre dieci anni (
d.p.r. 6 feb. 1981, n. 66 ), affida alle prefetture compiti in materia di protezione civile che la legge assegnava alle regioni e affida ai commissari di governo il coordinamento dei piani provinciali di protezione civile, ma il Dipartimento nazionale della protezione civile presso la Presidenza del consiglio si sovrappone, senza sopprimerla, alla Direzione generale della protezione civile e servizi antincendi del Ministero dell’interno che viene progressivamente svuotata delle sue funzioni, mentre si consolidano i compiti del Corpo dei vigili del fuoco. Nel 1963 era stata istituita la Direzione generale degli Archivi di Stato, le cui funzioni passano, nel 1975, al neo istituito Ministero per i beni culturali e ambientali. Con lo stesso decreto 617/1977 la Direzione generale degli affari culto e la Direzione generale del fondo culto confluiscono nell’unica Direzione generale degli affari di culto.
Nel 1981, a seguito dell’istituzione del Dipartimento per i servizi di pubblica sicurezza, l’attività del Ministero dell’interno - che ha perso funzioni in materia di assistenza pubblica, sanità, Archivi di Stato e protezione civile, con un forte ridimensionamento di quelle sugli enti locali - risulta fortemente sbilanciata sull’esercizio delle funzioni di polizia. Il ministero cercherà quindi negli anni successivi di recuperare quella funzione di raccordo e coordinamento e di garanzia della unitarietà dell’ordinamento generale a livello territoriale, ponendo al centro i diritti e gli interessi del cittadino.
Con
d.p.r. 24 apr. 1982, n. 340 , in attuazione della delega di cui all’art. 40 della
l. 1° apr. 1981, n. 121 , la Prefettura viene organizzata in base all’art. 7. Fino ad allora risultava articolata in Gabinetto, 5 divisioni e ufficio di ragioneria., secondo l’organizzazione stabilita dall’art. 3 del decreto 297/1911, All. I, integrato dall’art. 18 del
d.p.r. 19 ago. 1954, n. 968 , che aveva istituito una Divisione V-Assistenza pubblica, in cui erano confluite le funzioni in materia di IPAB, quelle relative all’assistenza post-bellica (di pertinenza degli uffici di cui all’art. 1 del d.m. 15 mag. 1946, che vengono soppressi) e nuove attribuzioni sugli inabili. Il nuovo ordinamento prevede una articolazione in Gabinetto e 3 settori di livello dirigenziale, la cui organizzazione interna è demandata al prefetto:
- Gabinetto del prefetto: amministrazione generale in rappresentanza del Governo, autorità provinciale di pubblica sicurezza; attribuzioni già ad esso spettanti e non comprese negli altri settori;
- I settore: enti locali, segretari comunali, servizio elettorale, documentazione generale, ogni altra attività diretta a realizzare efficace intesa con enti locali anche in funzione dei programmi di sviluppo socio economico in ambito provinciale;
- II settore: protezione civile, culti, polizia amministrativa, depenalizzazione, patenti, ogni altra competenza non compresa nel I settore;
- III settore: finanza comunale e provinciale, gestioni finanziarie, contabili e patrimoniali riguardanti gli uffici periferici del Ministero dell’interno nella provincia.
Un viceprefetto con funzioni vicarie coadiuva il prefetto nel coordinamento di settori e lo sostituisce in caso di assenza o impedimento anche temporaneo.
Il Consiglio di prefettura (art. 23 e ss. del testo unico 383/1934), organo ausiliario collegiale di consultazione giuridico-amministrativa, è presieduto dal prefetto e composto di altri due funzionari. Non ha più attribuzioni in materia di giurisdizione contabile. Dà pareri facoltativi, raramente obbligatori, non vincolanti. Alla Giunta provinciale amministrativa restano solo funzioni consultive.
Viene istituito presso la Prefettura il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, previsto dall’art. 20 della
l. 1° apr. 1982, n. 121 . Il prefetto è autorità provinciale di pubblica sicurezza cui spetta il coordinamento delle forze di polizia, ma in base alla riforma della pubblica sicurezza del 1981 la figura del questore viene definitivamente distinta da quella del prefetto al quale rimane collegato da un rapporto di dipendenza funzionale, non gerarchica.
I Comitati provinciali prezzi presieduti dal prefetto adottano a livello provinciale, provvedimenti analoghi a quelli che i Comitati interministeriali dei prezzi adottano al centro, in base all’art.7 e ss. del
d.l.c.p.s. 15 set. 1947, n. 896 , mentre nel 1998 (
d.lgs. 31 mar. 1998, n. 112 ) vengono trasferite alle regioni e all’INPS le funzioni riguardanti gli invalidi civili. Viene invece affidata ai prefetti, nel 1997, la presidenza dei Comitati provinciali per l’euro (CEP) con compiti di informazione e di verifica nella delicata transizione verso la moneta unica.
Il crescente sviluppo dell’autonomia regionale, sul finire del sec. XX, riduce ampiamente il ruolo della Prefettura che perde anche la maggior parte dei controlli (in particolare sugli atti e sulla finanza locale) sul sistema delle autonomie locali (
l. 8 lug. 1990, n. 142 ). Si riduce anche la stessa funzione costituzionale di controllo sulle leggi regionali spettante ai Commissari del governo, fino alla loro soppressione stabilita dalla riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001.
Con
d.lgs. 30 lug. 1999, n. 300 , la Prefettura diventa Ufficio territoriale del governo.