raccoglitore

soggetto produttore
tipo di ente: Comuni
Comune di Livorno
contesto storico istituzionale
COMUNI
REPUBBLICA DI FIRENZE (sec. XIII-1532)
DUCATO DI FIRENZE (dal 1532) poi GRANDUCATO DI TOSCANA (dal 1569)
sede
Livorno
notizie storiche
Livorno si vide riconoscere da Firenze, con la già ricordata provvisione del 28 ag. 1421, il diritto di emanare i propri statuti giurisdizionali e civili. Si diede un governo collegiale di tre anziani, assistiti da un consiglio minore di quattro e da un consiglio maggiore di otto componenti; tale sistema, sancito con gli statuti del 1423, e ribadito con quelli del 1471, prevedeva un avvicendamento di dieci in dieci giorni per ognuno degli anziani nel la trattazione degli affari; in realtà invalse fin da principio la prassi per la quale uno dei tre aveva costantemente il maneggio della contabilità, come camarlingo, assumendo una effettiva posizione di supremazia. Con l'avvento dei Medici al principato, si ebbe dapprima una rigorosa distinzione fra " proposto " degli anziani, o camarlingo, titolare dei soli poteri di governo, e " depositario ", con esclusive mansioni contabili (riforma del 1536); poi, con la riforma del 1584, al fine di rimuovere ogni dubbio sull'estraneità del primo cittadino circa il maneggio del pubblico denaro, venne introdotta la qualifica di gonfaloniere al posto di quella di camarlingo, che veniva riservata da quel momento al contabile comunitativo. Nel frattempo era stata introdotta una modifica statutaria, che riservava a venticinque livornesi il diritto di accedere alle cariche comunali e di riunirsi in consiglio generale (riforma del 1561). Sul finire del Cinquecento, con il decollo del nuovo porto artificiale e la costruzione della città inglobante l'antica terra murata, si posero le premesse per la costituzione di un nuovo corpo di cento cittadini, suddivisi (riforma del 26 febbr. 1604) in tre ordini: gonfalonieri (dodici e poi, dal 1616, ventidue), anziani (quarantasei e poi, dal 1616, trentasei) e terz'ordine (quarantadue). Il magistrato cittadino, definitivamente istituzionalizzato con la redazione statutaria del 1616, risultava composto di un gonfaloniere residente, due anziani gonfalonieri, e di altri due anziani del secondo ordine; particolare rilevanza assumeva il consiglio dei ventidue gonfalonieri, mentre veniva raramente convocato, e con scarsi poteri, il consiglio generale dei cento. Una successiva riforma, attuata secondo le direttive del motuproprio 12 mar. 1681, manteneva da un canto il principio del numero chiuso dei gonfalonieri (portati il 20 mar. 1786, da ventidue a ventisei), dall'altro, consentiva l'accesso illimitato dei livornesi agli altri ordini, i cui membri venivano peraltro rigorosamente cooptati dal nuovo consiglio generale. In tale occasione si provvedeva a rinsaldare la compagine del ceto dominante alla guida del comune, integrando i cinque del vecchio magistrato cittadino con un sesto componente, appartenente a famiglie di gonfalonieri, e sostituendo ai vecchi organi collegiali (il consiglio dei gonfalonieri e quello generale dei cento), il nuovo consiglio generale, in cui figuravano ben ventinove fra gonfalonieri e discendenti di gonfalonieri, cinque soli anziani del secondo ordine ed un solo cittadino del terzo ordine; al gonfaloniere residente veniva riservato doppio voto. La riforma di Pietro Leopoldo, attuata a Livorno con regolamento 20 mar. 1780 [ Bandi Toscana, cod. X, n. XVIII ] liberalizzò in parte l'accesso alle cariche comunitative, fatte salve le prerogative sancite dalla legge 31 lu. 1750 sulla nobiltà e il ceto dei cittadini: in effetti in seno al magistrato al primo ceto venivano riservati la carica di gonfaloniere e due seggi priorali, al secondo ceto due seggi priorali; inoltre venivano a far parte del citato organo di governo quattro proprietari di città o di campagna i quali erano ammessi al sorteggio in forza del solo requisito del possesso di beni stabili comportante un contributo annuale di quattro scudi Mentre fra i non cattolici la nazione ebraica era rappresentata da un proprio deputato scelto dal sovrano in una rosa di dieci o dodici nomi, proposti dalla stessa, tutti gli altri dovevano accontentarsi di inviare un sostituto cattolico per ogni singolo sorteggiato. Per la formazione del consiglio generale, ai nove componenti del magistrato venivano affiancati altri sedici membri sorteggiati da una borsa apposita, nella quale erano inclusi, oltre a nobili e cittadini e possessori del ceto indicato, anche i nomi di tutti gli altri capifamiglia che possedevano nel territorio comunitativo qualunque benché minima quantità di beni stabili
complessi archivistici collegati
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