raccoglitore

profilo istituzionale
tipo di ente: Uffici periferici
Tribunale di commercio
datazione
18 ago. 1816 -
contesto storico istituzionale
STATO DELLA CHIESA (1815-1859/1870)
notizie storiche
Profondamente diverse furono le decisioni che la restaurazione pontificia aveva assunto nelle province di prima recupera e in quelle di seconda, come già accennato nella Premessa. Il codice di commercio, soppresso nelle province di prima recupera, era stato invece mantenuto nelle province di seconda recupera, e così le preesistenti camere di commercio ed i tribunali di commercio.
Dopo il motuproprio del 6 lu. 1816 che alla materia commerciale dedicava solo poche parole (nell'art. 248) un editto del segretario di Stato in data 18 ago. 1816 confermava in tutto lo Stato i tribunali di commercio esistenti (compreso l'assessorato di Ripagrande in Roma) sia pure provvisoriamente, e stabiliva che gli appelli commerciali fossero deferiti ai due tribunali di appello civile e criminale competenti per le rispettive delegazioni (Bologna e Macerata) e al tribunale collegiale dell'AC.
Tale conferma dei tribunali preesistenti doveva durare sino alla pubblicazione del previsto nuovo codice di commercio; poiché però questa tardava, il segretario di Stato pubblicò l'editto 1 giu. 1821 il quale estese, ancora provvisoriamente, a tutto il territorio dello Stato - compresa Roma - le norme in materia commerciale già vigenti nelle province di seconda recupera (ovvero la confermata legislazione napoleonica) con le modifiche apportatevi da un "Regolamento provvisorio di commercio" allegato all'editto stesso, che rimase fondamentale per la materia; con questo atto si manteneva la giurisdizione privativa dei tribunali collegiali di commercio esistenti (quindi Bologna, Ferrara, Rimini, Ancona, Senigallia, Civitavecchia), ripetendo che nei capoluoghi privi di tribunali di commercio ne facessero le veci i tribunali civili di prima istanza; per Roma e Comarca la giurisdizione commerciale fu attribuita al tribunale collegiale dell'AC; in Roma era mantenuta la giurisdizione dell'assessore delle ripe, cumulativa (cioè alternativa, indifferentemente) con quella del tribunale dell'Auditor Camerae (art. 3).
L'appello in materia commerciale era portato dinanzi ai tribunali d'appello previsti per i giudizi civili (artt. 16 e sgg.), quindi il tribunale dell'Auditor Camerae giudicava in appello le cause di somma "non rotale" decise in primo grado nelle località del territorio di competenza del medesimo tribunale camerale per l'appello dalle cause civili, cioè per le cause di valore inferiore agli ottocentiventicinque scudi giudicate in primo grado dai tribunali civili delle province di prima recupera, compresi i giudicati del Tribunale delle ripe. Per le cause di somma rotale giudicate dagli stessi tribunali (di valore superiore agli ottocentoventicinque scudi) e per le cause commerciali giudicate in prima istanza dall'Auditor Camerae, era previsto l'appello dinanzi al Tribunale della rota [vedi  Guida generale  , AS Roma,  Tribunale della rota  , III, pp. 1201-1202]. In caso di sentenze difformi era previsto un terzo grado di giurisdizione dinanzi alla Rota (art. 33). Il Tribunale della segnatura era competente per la “restituzione in intiero” (art. 36).
A Senigallia venne istituito, o meglio riconfermato con dispaccio della Segreteria di Stato 28 set. 1822 (n. 6277), il Consolato ossia tribunale temporaneo di commercio durante la fiera, poi ratificato dal motuproprio del 21 dic. 1827 (art. 82) e dalla notificazione del segretario di Stato card. Bernetti del 30 giu. 1832.
La riforma di Leone XII del 5 ott. 1824, che soppresse tutti i tribunali civili come organi collegiali e li sostituì con un giudice singolo, il pretore, escluse quest'ultimo dalla materia commerciale e mantenne la collegialità di tale giudizio. Infatti il motuproprio del 5 ottobre confermava i tribunali commerciali esistenti e, per le province che ne erano prive, ampliava la competenza territoriale del tribunale più vicino, affidando al tribunale di commercio di Bologna la giurisdizione per le province di Ravenna e di Forlì (a Ferrara c'era già un tribunale di commercio) e al tribunale di commercio di Ancona la giurisdizione per le province marchigiane, comprese Urbino e Pesaro; a Roma fu abolita la competenza del tribunale dell'Auditor Camerae e fu istituito un Tribunale di commercio di Roma (composto da tre giudici assistiti da un cancelliere) nel quale fu riunita la giurisdizione contenziosa dell'assessore delle ripe, che venne soppressa; questo tribunale ebbe giurisdizione sulle altre province dello Stato che non rientravano nella circoscrizione degli altri tribunali, rimanendo salva però la giurisdizione del tribunale di commercio di Civitavecchia (artt. A69-70).
Ai tribunali di commercio (e, secondo la materia, ai tribunali ordinari) furono attribuite le giurisdizioni contenziose già dei soppressi tribunali dell'annona e dell'agricoltura (artt. A65-66). Appartenevano ai tribunali di commercio - ove mancassero, ai giudici civili - le controversie sulle mercedi di valore superiore ai venti scudi (art. A68); quelle di valore inferiore appartenevano al giudice delle mercedi, per Roma e agro romano, e ai luogotenenti, governatori e assessori nel resto dello Stato.
Dalla riforma del 1824 non era previsto uno specifico tribunale d'appello commerciale; l'appello era portato dinanzi al Tribunale di appellazione di Bologna dalle sentenze dei tribunali di commercio delle quattro legazioni (ma con la possibilità, da parte del soccombente in prima istanza, di appellarsi invece alla Rota); in terzo grado, dinanzi alla Rota. Dalle sentenze dei tribunali delle altre delegazioni e da quelle del tribunale di commercio di Roma, l'appello aveva luogo dinanzi alla Rota (art. A71).
Nel 1825, con editto 18 aprile, fu istituito un Tribunale di commercio a Pesaro. Nel 1827, con il motuproprio 21 dicembre, furono ripetute le norme del 1824 (artt. 78 sgg.; 74 e 75). Nel 1830 con motuproprio di Pio VIII del 28 gennaio fu istituito un Tribunale di appello commerciale in Ancona: sino ad allora l'appello da quelle province era portato dinanzi ai tribunali di Roma. Nel 1831 fu variata la composizione del tribunale di commercio di Roma: un giurisprudente e due commercianti, presidenti a turno (editto 8 luglio istitutivo della Camera di commercio di Roma); le norme di questo editto furono confermate dal regolamento civile del 5 ott. 1831 (art. 23). Quest'ultimo stabiliva che i tribunali di commercio avessero sede nelle città marittime e mercantili e fossero composti da un presidente giureconsulto e da due giudici, commercianti; essi giudicavano in prima istanza tutte le cause commerciali di qualunque valore quindi anche quelle inferiori ai duecento scudi contrariamente ai tribunali civili; nelle delegazioni prive di tribunale di commercio, ne avevano le funzioni i tribunali civili (artt. 23-25).
Per le controversie sorte nel corso di fiere e mercati, giudicava in loco uno dei giudici commercianti, delegato dal presidente del tribunale di commercio (art. 26); ove non esisteva tale tribunale giudicavano - secondo i luoghi - il giudice conciliatore o l'assessore legale, o il governatore, rispettivamente nei capoluoghi di legazione, o di delegazione, o di governo (art. 16). Per la procedura, si vedano le Risoluzioni della Segreteria di Stato del 24 feb. 1832.
L'appello era portato dinanzi al Tribunale d'appello di Bologna (lo stesso tribunale d'appello civile) dalle quattro legazioni; dinanzi al Tribunale commerciale d'appello di Ancona, dalle delegazioni delle Marche (art. 30; per le cause civili, il tribunale d'appello era a Macerata). Dalle altre province dello Stato l'appello commerciale si portava dinanzi al tribunale dell'Auditor Camerae per le cause di valore inferiore ai cinquecento scudi (anche in terzo grado) e dinanzi alla Rota per quelle di valore superiore (anche in terzo grado, artt. 44 e 45; 47).
Il regolamento del 10 nov. 1834 confermava il precedente e apportava solo lievi modifiche; stabiliva il numero dei tribunali di commercio in otto, con sede nelle stesse città nelle quali fosse una camera di commercio, cioè Roma, Bologna, Ferrara, Rimini, Pesaro, Ancona, Foligno, Civitavecchia (art. 294), oltre a quello di Senigallia in tempo di fiera, presieduto da quel governatore (art. 300). Il Tribunale di commercio di Roma era ancora composto (secondo il dettato dell'editto 8 lu. 1831) da tre giudici, di cui due commercianti (art. 295); gli altri tribunali di commercio erano costituiti da un presidente giureconsulto, e da quattro giudici commercianti (art. 294). I tribunali di commercio - per le norme del 1834 (art. 298) - avevano competenza sulla provincia o sul distretto, secondo avessero sede in un capoluogo di provincia o di governo distrettuale (così Rimini e Foligno). Ove non esistevano tribunali di commercio ne facevano le veci i tribunali civili, come precedentemente (art. 299). Il regolamento del 1834 chiariva ancora, con l'art. 296, quanto già affermato con il regolamento provvisorio di commercio pubblicato con editto 1 giu. 1821, e cioè che i tribunali di commercio erano tribunali di eccezione; la loro competenza rimaneva quella ampiamente descritta nel libro IV, "Della giurisdizione commerciale", del regolamento del 1821 (art. 601-608), cioè su tutte le controversie derivanti da obbligazioni e contrattazioni tra negozianti, mercanti e banchieri, e qualsiasi altra controversia relativa ad atti di commercio, specificando inoltre che erano considerati “atti di commercio” acquisti e vendite, operazioni bancarie, imprese di costruzioni, spedizioni e noleggi marittimi, assicurazioni ed anche arruolamenti di gente di mare per i bastimenti di commercio.
Nel 1834 non vi furono innovazioni per quanto riguardava l'appello (artt. 303; 318-319; 322-323).
La composizione del tribunale di Ancona fu modificata a imitazione di quello di Roma, con notificazione 24 lu. 1835 del segretario per gli affari di Stato interni che applicò al tribunale di commercio di Ancona l'ordinamento stabilito dal titolo VI dell'editto 8 lu. 1831 per il tribunale di commercio di Roma (art. 1). Piu tardi, nel 1851 (17 marzo), un dispaccio del ministro di grazia e giustizia al commissario straordinario delle Marche sui giudici dei tribunali di commercio chiariva che essi dovessero proseguire nelle loro funzioni anche qualora cessassero di appartenere alla camera di commercio.

fonti normative

motuproprio 6 lug. 1816 - provvedimento relativo alla materia commerciale
editto 18 ago. 1816 - provvedimento di conferma dei tribunali di commercio esistenti
editto 1 giu. 1821 - provvedimento di estenzione delle norme in materia commerciale
dispaccio 28 set. 1822, n. 6277 - provvedimento di riconferma del Consolato ossia tribunale temporaneo di commercio durante la fiera a Senigallia
motuproprio 5 ott. 1824 - provvedimento relativo ai tribunali di commercio
editto 18 apr. 1825 - provvedimento di istituzione di un Tribunale di commercio a Pesaro
motuproprio 21 dic. 1827 - provvedimento di ratifica del Consolato ossia tribunale temporaneo di commercio durante la fiera a Senigallia
motuproprio 21 dic. 1827 - provvedimento di ripetizione delle norme sui tribunali del 1824
motuproprio 28 gen. 1830 - provvedimento di istituzione di un Tribunale di appello commerciale in Ancona
editto 8 lug. 1831 - provvedimento istitutivo della Camera di commercio di Roma
regolamento 5 ott. 1831 - regolamento civile
risoluzioni 24 feb. 1832 - provvedimento relativo alle controversie sorte nel corso di fiere e mercati
notificazione 30 giu. 1832 - provvedimento di ratifica del Consolato ossia tribunale temporaneo di commercio durante la fiera a Senigallia
regolamento 10 nov. 1834 - provvedimento di regolamentazione
notificazione 24 lug. 1835 - provvedimento relativo alla composizione del tribunale di Ancona
dispaccio 17 mar. 1851 - provvedimento di regolamentazione
soggetto produttore collegato
Tribunale di commercio di Ancona
Tribunale di commercio di Bologna
Tribunale di commercio di Pesaro
Tribunale di commercio di Rimini
Tribunale di commercio di Senigallia

curatori

creazione
Carla Lodolini Tupputi
revisione
Ezelinda Altieri Magliozzi
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