Il decreto 30 agosto 1815, n. 100, mutuando l’organizzazione francese, confermava, per i domini al di qua del Faro, intendenze e sottointendenze, nel numero e nelle sedi previste dalla legislazione murattiana.
Procedendo la riorganizzazione del regno di Napoli, la legge 1° maggio 1816, n. 360, ripartiva le competenze amministrative in quattro distinte circoscrizioni: la provincia, il distretto, il circondario e il comune.
Con la legge fondamentale 8 dicembre 1816, n. 565, si dava un nuovo assetto ai domini borbonici, creando un unico regno - Regno delle Due Sicilie - e si istituiva la Cancelleria generale del regno delle Due Sicilie.
La successiva legge 11 dicembre 1816, n. 567, temperando la precedente disposizione, confermava i privilegi già concessi da re Ferdinando e dai suoi predecessori “ai nostri carissimi Siciliani”.
Seguivano numerose disposizioni sull’organizzazione del nuovo regno al fine di assicurare ai siciliani una posizione di autonomia, e si stabiliva che, sino a quando non fosse stato realizzato un “sistema generale dell’amministrazione civile e giudiziaria”, valevole per tutto il nuovo Regno, in Sicilia sarebbero continuati a funzionare, come per il passato, tutti gli uffici e le magistrature precedenti.
Con la legge 11 dicembre 1816, n. 568, il principe ereditario veniva preposto ad esercitare le funzioni di Luogotenente generale in Sicilia.
Intanto, per i domini di qua del Faro, si provvedeva con la legge organica 12 dicembre 1816, n. 570, a dare assetto all’amministrazione civile - ripartita in provinciale, distrettuale e comunale - e posta all’immediata dipendenza del Ministero dell’interno.
Cosicchè, ogni provincia aveva un intendente, che ne era la prima autorità. Egli era “tutore” dei comuni; sovraintendeva ai pubblici stabilimenti e a tutta l’amministrazione interna, finanziaria e per la reclutazione dell’esercito; aveva l’alta polizia (tranne a Napoli, i cui compiti erano affidati ad una Prefettura di polizia).
Pubblicava le leggi e i decreti. Decideva sui reclami. Aveva alla sua dipendenza la gendarmeria, e poteva chiedere, per iscritto, al comandante della provincia - che non poteva negargliela - la forza militare, per assicurare la sicurezza e l’ordine interno. Doveva visitare, in ogni biennio, tutti i comuni e i pubblici stabilimenti. Presiedeva di diritto tutti i consigli o commissioni, costituiti nella provincia, qualunque ne fosse il grado di coloro che li componessero. Inoltre, erano attribuite all’intendente molte altre competenze.
L’intendente aveva, quale suo principale collaboratore, il segretario generale, che lo sostituiva nei casi di assenza.
Già prima, la legge 1° maggio 1816, n. 360, pur ribadendone l’eguaglianza di rango, aveva organizzato le intendenze in tre classi, in rapporto alla popolazione e con conseguenze sul numero di consiglieri che entravano a far parte dei consigli d’intendenza (cinque in quelle di 1° classe; quattro in quelle di 2° classe; tre in quelle di 3° classe).
Erano considerate intendenze di prima classe: Napoli, Terra di lavoro (con sede a Capua), Principato Citeriore (con sede a Salerno); di seconda classe: Basilicata (con sede a Potenza), Principato Ulteriore (con sede ad Avellino), Capitanata (con sede a Foggia), Terra di Bari (con sede a Bari), Terra d’Otranto (con sede a Lecce), Calabria Citerone (con sede a Cosenza), Calabria Ulteriore Seconda (con sede a Catanzaro); di terza classe: Calabria Ulteriore Prima (con sede a Reggio), Molise (con sede a Campobasso), Abruzzo Citeriore (con sede a Chieti), Abruzzo Ulteriore Secondo (con sede a L’Aquila), Abruzzo Ulteriore Primo (con sede a Teramo).
I decreti 20 febbraio 1817, n. 647, e 11 ottobre 1817, n. 932, introducevano, in Sicilia, un regime preparatorio all’estensione nell’isola della legge organica del 1816.
Pertanto, dal1° gennaio 1818, la Sicilia veniva divisa in sette valli minori - al posto delle originarie tre valli di Mazzara, di Noto e di Demone - amministrate da sette intendenze, aventi sedi a Palermo, Messina, Catania, Girgenti, Siracusa, Trapani, Caltanissetta, ripartite in ventitré distretti, suddivisi a loro volta in comuni.
Gli intendenti dipendevano dal luogotenente. Peraltro, erano la prima autorità della valle ed avevano competenze eguali a quelli di terra ferma. Non erano distinti in classi e il consiglio d’intendenza si componeva sempre di tre consiglieri.
I decreti 23 agosto 1837, n. 4209, e 5 ottobre 1838, n. 4859, declassavano Siracusa prima al rango di circondario e poi, mitigando la prima decisione, a capoluogo di distretto, mentre Noto veniva elevata a capoluogo di valle.
Per completare l’esame delle intendenze, è da aggiungere che spettava al re nominare, o deporre, gli intendenti, i sottointendenti, i segretari generali, i consiglieri d’intendenza.
Inoltre si stabiliva che vi era un’assoluta incompatibilità tra le funzioni esercitate dall’amministrazione civile, e quelle proprie dell’ordine giudiziario, per cui le une e le altre non potevano simultaneamente cumularsi nella medesima persona. I magistrati di ogni grado - solo per eccezione - potevano essere nominati ai consigli provinciali o distrettuali.
Infine si stabiliva che intendente, sottointendente, segretario generale e consiglieri di intendenza, in una medesima provincia o valle, non potevano essere nominati se parenti tra loro sino al quarto grado civile incluso.
Il decreto 7 maggio 1838, n. 4599, estendeva alla Sicilia la legge organica sull’amministrazione civile del 1816.
Le valli divenivano province; gli intendenti erano distinti in tre classi, le quali però non erano in alcun rapporto con le classi delle province alle quali erano preposti (modifica questa già introdotta, del resto, per le province dei domini di qua del Faro, con i decreti 20 maggio 1820, n. 1977; 9 ottobre 1821, n. 130; 3 settembre 1838, n. 4801).
Il decreto 6 novembre 1838, n. 4881, creava una Prefettura di polizia anche a Palermo, sottraendo questa competenza a quell’intendenza.
Il decreto 7 aprile 1851, n. 2210, limitatamente ai domini di qua del Faro - ma poi esteso con decreto 24 maggio 1852, n. 3062, anche a quelli di là del Faro - dettava un regolamento organico per una unica organizzazione interna alle intendenze e alle sottointendenze, distribuendo in quattro uffici le competenze della segreteria dell’intendenza:
1. segretariato generale, giustizia e polizia, guerra e marina;
2. amministrazione provinciale e lavori pubblici;
3. amministrazione comunale;
4. amministrazioni speciali.
La segreteria del consiglio d’intendenza faceva parte del segretariato generale.
La segreteria della sottointendenza era costituita da un solo ufficio, ripartito in tre carichi.
Il personale delle intendenze e delle sottointendenze forniva un sol corpo e si distingueva in capi d’ufficio e vice-capi d’ufficio di intendenza; segretari di sottointendenza; ufficiali di diverse classi; alunni.
I migliori impiegati potevano essere tenuti in particolare considerazione per le nomine a consigliere d’intendenza o a sottointendente.
Una parte degli impiegati venivano nominati dal ministro segretario di Stato dell’interno; altra parte, dagli intendenti o dai sottointendenti.
La spesa per il personale gravava sul fondo comune provinciale, e tutti potevano ottenere una pensione dal monte delle vedove e dei ritirati, a favore del quale lasciavano il due e mezzo per cento sui propri “soldi”.