La facoltà di giudicare le cause connesse all'esercizio dell'attività mercantile venne attribuita nella seconda metà del sec. XIV ad un giudice nominato dai consoli delle dodici società d'arti più importanti. Nel 1472 si stabilì che il giudice dovesse essere cittadino e lettore nello studio e che dovesse essere assistito da cinque mercanti che avevano il titolo di consoli. Contro le sue decisioni era dato ricorso al giudice delle appellazioni, che era assistito da altri quattro mercanti, i sopraconsoli. All'archivio della magistratura sovrintendeva un notaio, nominato a vita, detto conservatore. Le prerogative del Foro dei mercanti, riconosciute nei capitoli di Nicolò V del 1447, vennero confermate nel 1577 da Gregorio XIII. Con legge I luglio 1797 la repubblica cisalpina accettò, provvisoriamente, il principio della giurisdizione privilegiata in materia commerciale e ne attribuì l'esplicazione ad un tribunale di commercio, che, pur competente per le cause più importanti solo in primo grado, fu la diretta continuazione del Foro dei mercanti.
Durante la reggenza austrorussa il tribunale riacquistò il titolo originario; fu di nuovo tribunale di commercio con il ripristino della repubblica cisalpina, finché con la legge del 26 agosto 1802 le sue attribuzioni passarono, unitamente ad altre, alla
Camera di commercio, industria e agricoltura
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