Dopo la creazione della Repubblica Italiana (1802), anche l’amministrazione dei dipartimenti (
vedi
) venne riordinata con l’istituzione della prefettura, avvenuta con decreto 6 mag. 1802 (
Bollettino repubblica italiana , 1802, n. 27, p. 68;
vedi tabella n.4
). In tal modo, mentre cessavano i commissari governativi presso i singoli dipartimenti, il governo del dipartimento era affidato a un prefetto, i cui poteri venivano meglio definiti dalle istruzioni del 9 maggio 1802 (
Raccolta di leggi, decreti e circolari che si riferiscono alle attribuzioni del Ministero dell’Interno del Regno d’Italia , Milano, 1808, I, p. 158) e dalla successiva legge 24 luglio 1802 (
Bollettino repubblica italiana , 1802, n. 54, pp. 185 - 208). Il prefetto, funzionario di nomina governativa, che non doveva essere nativo del luogo, non solamente era il diretto responsabile dell’amministrazione dipartimentale, ma aveva anche vasti poteri di polizia - fuorché nel dipartimento della capitale, l’Olona, ove fu insediata una speciale Prefettura di polizia (
vedi
)- ed esercitava il controllo politico «dello spirito pubblico», oltre che le funzioni ispettive sui corpi amministrativi dipartimentali e locali.
Il prefetto era assistito da due «luogotenenti», uno addetto agli affari amministrativi, l’altro alle ispezioni legali e di polizia, i quali, pur essendo anch’essi nominati dal governo, venivano scelti tra i cittadini del dipartimento; il loro parere era vincolante per il prefetto nelle questioni amministrative. Il luogotenente “legale” era anche commissario del governo presso i tribunali (
vedi
). L’altro immediato collaboratore del prefetto era il segretario generale di prefettura, anch’egli di nomina governativa.
Con il citato decreto 6 mag. 1802 vennero istituite le viceprefetture (
vedi
), con a capo un viceprefetto che aveva autorità sul “circondario”, una circoscrizione nuova, non ovunque chiaramente definita.
Una
Istruzione per l’organizzazione interna degli uffici di prefettura (Milano, Veladini, s.d., 1803) stabilì precise norme per la gestione degli archivi e precisò gli oggetti di competenza delle due sezioni della prefettura, cui erano preposti i luogotenenti, nonché della segreteria generale; nel capoluogo la polizia era esercitata direttamente dal prefetto o dal luogotenente “legale”: la sezione affidata a quest’ultimo aveva un “primo ufficiale specialmente addetto agli affari di polizia”.
In seguito l’ufficio di polizia del dipartimento fu affidato a un “delegato”, la cui dipendenza dal prefetto, almeno fino alle istruzioni ministeriali del 17 dicembre 1803, rimase per un certo tempo più formale che sostanziale.
Come organo di consulenza del prefetto era stato anche stabilito, con il citato decreto 6 maggio 1802, un consiglio di prefettura, composto di sette membri nei dipartimenti dell’Olona (Milano) e del Reno (Bologna), e di cinque negli altri dipartimenti. Le attribuzioni di tale Consiglio erano lasciate nell’incertezza (Antonielli,
I prefetti , pp. 47–48). In ogni dipartimento era inoltre costituito un Consiglio generale, composto di ventuno membri, nominati dal governo sulla base di una lista doppia di notabili, per lo più possidenti, presentata dai consigli comunali. Il Consiglio generale, a sua volta, sottoponeva al governo una lista di nomi doppia rispetto alle piazze disponibili (da sette a cinque) per formare l’Amministrazione dipartimentale (
vedi
), corpo che aveva quindi la stessa struttura del consiglio di prefettura previsto in precedenza dal decreto 6 maggio e che svolgeva funzioni esecutive, sia pure più ristrette rispetto a quelle esercitate dalle Amministrazioni centrali della Repubblica Cisalpina. La citata legge 24 luglio 1802, sull’organizzazione delle autorità amministrative, aveva infatti definito di competenza del prefetto “tutte le attività e le passività della nazione nel dipartimento”, mentre la gestione di “tutti gli affari del dipartimento” veniva affidata all’Amministrazione dipartimentale.
Le sedi delle prefetture nel 1802 vennero fissate, oltre che nella capitale, Milano (dip. d’Olona), a Novara (Agogna), Como (Lario), Bergamo (Serio), Brescia (Mella), Cremona (Alto Po), Mantova (Mincio), Reggio (Crostolo), Modena (Panaro), Ferrara (Basso Po), Bologna (Reno), Forlì (Rubicone).
La trasformazione della Repubblica in Regno d’Italia (1805) portò mutamenti sostanziali, uniformando l’ordinamento italiano a quello francese: luogotenenti e Amministrazioni dipartimentali furono aboliti e tutta l’amministrazione del dipartimento fu affidata ai prefetti.
Con il decreto 8 giugno 1805 (
Bollettino regno d’Italia , 1805, n. 46, p. 141 ss.) che stabiliva il nuovo comparto territoriale del Regno d’Italia, vennero istituite viceprefetture in ogni distretto e i viceprefetti divennero semplici sostituti locali del prefetto, dal quale dipendevano ormai strettamente; vennero inoltre elevate al rango di prefettura le viceprefetture dell’Adige (Verona) e dell’Adda (Sondrio). Il Consiglio di prefettura diveniva organo di nomina regia, composto di quattro o di tre consiglieri (dipartimenti dell’Adda, dell’Adige, del Crostolo e del Panaro), con compiti allargati anche al contenzioso amministrativo, di cui il Consiglio suddetto diveniva organo di prima istanza, mentre il giudizio in appello, per tale materia, spettava al neo istituito Consiglio di Stato (
vedi
).
Dopo il trattato di Presburgo (26 dicembre 1805), con il quale l’Austria cedeva alla Francia le province venete acquisite con il trattato di Campoformio, furono creati altri dipartimenti che entrarono a far parte del Regno d’Italia (decreti 30 mar. 1806 e 22 dic. 1807, in
Bollettino regno d’Italia , 1806, n. 34, 1807, n. 283). Le rispettive prefetture ebbero sede a Vicenza (Bacchiglione), Padova (Brenta), Treviso (Tagliamento) Belluno (dip. del Piave), Udine (Passariano), Venezia (Adriatico), Istria (Capo d’Istria). A Venezia fu istituita con decreto 14 mag. 1806 una direzione generale di polizia alle dipendenze di quella di Milano (
ibid. , 1806, n. 77). Nel 1809 l’Istria, con capoluogo Trieste, passò a far parte delle Province illiriche dell’Impero francese.
Nel frattempo, con la riunione al Regno delle ex province pontifice di Urbino, Ancona, Macerata e Camerino (2 aprile 1808), erano stati creati tre nuovi dipartimenti marchigiani, quelli del Metauro, del Musone e del Tronto, dipendenti rispettivamente dalle prefetture di Ancona, di Macerata e di Fermo. L’organizzazione di questi dipartimenti fu affidata a una Commissione istituita con decreto 21 aprile 1808 e cessata con decreto 9 agosto 1808 (
Bollettino regno d’Italia , 1808, nn. 162 e 245). L’estensione ai dipartimenti della Marca ex pontificia delle leggi e dei regolamenti del Regno d’Italia fu attuata con i decreti 20 e 21 mag. 1808 (
ibid. , nn. 130, 147).
Con il trattato di Parigi (28 febbraio 1810), il Regno otteneva dal re di Baviera il Trentino e il Tirolo meridionale, che costituirono l’ultimo dipartimento del Regno, il ventiquattresimo, denominato Alto Adige, con capoluogo Trento (
Bollettino regno d’Italia , 1810, n. 94; per il comparto territoriale, stabilito con decreto 24 lu. 1810,
vedi tabella n. 6
).
Ferme restando le sedi delle prefetture, le circoscrizioni dei dipartimenti italici, e in particolare l’organizzazione dei distretti e dei comuni, subirono varie modifiche, dettate da ragioni di centralizzazione e di economia, nel quadro di una complessiva razionalizzazione amministrativa e territoriale. Con decreto 25 lug. 1808, ad esempio, il distretto di Camerino fu staccato del dipartimento del Tronto ed unito a quello del Musone, per il quale venne formato con decreto del 26 lug. 1808 un quinto distretto, Jesi (
ibid. , nn. 234 - 235). Un altro esempio è quello dei dipartimenti di Bologna e di Modena.