raccoglitore

soggetto produttore
tipo di ente: NOTAI
Notai di Venezia
sede
Venezia
notizie storiche
Ancor prima del 1316 (22 ag., maggior consiglio) vigeva a Venezia l'obbligo di consegnare a palazzo, nella cancelleria inferiore che li custodiva insieme alle serie proprie della carica dogale (vedi Cancelleria inferiore, Doge ) imbreviature e protocolli dei notai (notai veneta auctoritate), dal 1307 (1 giu., maggior consiglio) obbligatoriamente redatti su pergamena; nel 1364 (3 mar., maggior consiglio) la consegna fu imposta anche ai notai che si allontanassero per oltre due mesi dalla città. Tali norme furono spesso ribadite (1453 giu. 18, senato; 1449 dic. 28, 1485 nov. 11, maggior consiglio, correzione della promissione ducale, con definitiva estensione anche ai notai imperiali, le cui carte in precedenza potevano andare ad altro notaio); più tardi il materiale, esclusi i testamenti, poté rimanere in loco nel caso di continuazione dello studio (cancello) notarile. I rogiti notarili erano così affidati alla tutela del doge, titolare della funzione giurisdizionale e garante del rispetto dei diritti dei privati e in particolare dell'esecuzione delle volontà testamentarie. Nell'ambito di questa competenza presso la cancelleria inferiore esistevano anche altre serie specifiche, quali i registri delle emancipazioni e scioglimenti di compagnia fraterna (1343 ott. 19, maggior consiglio)) dei testamenti e carte di dote (1449 dic. 28, maggior consiglio), degli inventari di eredità pervenute a minori o assenti (1521 giu. 28, maggior consiglio, correzione della promissione ducale), dei beni soggetti a fidecommisso (condizionati, 1535 mar. 19, senato, 29 maggior consiglio), oltre alle carte inerenti al controllo sui notai e sul collegio notarile.
Durante tutto il medioevo i notai veneta auctoritate appartennero per la maggior parte al clero secolare e tale consuetudine perdurò fino ai primi decenni del cinquecento (abolita 1531 apr. 27, senato) malgrado la proibizione di papa Eugenio IV (1433 giu. 8) [ G. CRACCO, Relinquere laicis quae laicorum sunt. Un intervento di Eugenio IV contro i preti-notai di Venezia, in Bollettino dell'Istituto di storia della società e dello Stato veneziano, III (1961), pp. 179- 189] . Nel 1514 (mag. 3 e 26, senato) il numero dei notai ad instrumenta necessari alla città venne fissato in 66 e subito dopo (28 sett., senato) essi furono eretti in collegio, sotto la vigilanza del cancellier grande e dei cancellieri inferiori e in seguito anche del magistrato dei conservatori ed esecutori delle leggi (istituito nel 1553 ott. 29, maggior consiglio). Normative in qualche modo analoghe erano in vigore nelle città del dominio, nel rispetto degli statuti locali.
Nel 1474 (5 dic., maggior consiglio, correzione della promissione ducale) si stabilì che i notai redigessero i testamenti nuncupativi (quelli loro dettati dal testatore) in doppio originale, per consegnarne uno sigillato (seconda cedola) alla cancelleria inferiore e riprenderlo all'atto della pubblicazione o in caso di annullamento o modifica. Anche le cedole scritte di mano del testatore o di persona di sua fiducia dovevano essere portate dal notaio in cancelleria inferiore, dove poteva anche depositarle lo stesso interessato (1596 mar. 31, maggior consiglio). Le procedure di restituzione e pubblicazione non erano tuttavia sempre osservate, malgrado i ricorrenti tentativi di verifica delle cedole giacenti (ad esempio 1613 mar. 22, maggior consiglio; 1655 apr. 24, 1676 giu. 6, senato); di qui l'accumularsi di un gran numero di testamenti chiusi (non pubblicati).
A partire forse dal 1474 i notai erano tenuti a registrare i testamenti pubblicati in protocolli distinti, separati dagli altri rogiti; si formarono così le due grandi partizioni degli Atti e dei Testamenti, serie che ebbero in seguito collocazione diversa all'interno del palazzo. Parte degli atti (" scritture dei notai morti ") andarono perduti nell'incendio del 20 dic. 1577. I testamenti risentirono invece della lunga permanenza (1474-1774) in locali umidi al pian terreno dove era stata ubicata la cancelleria inferiore. I cancellieri ricorsero alla collaborazione del collegio notarile per la custodia delle " scritture dei notai morti " e adempimenti relativi, intesi anche a por rimedio a negligenze dei rogatari nella compilazione delle rubriche (alfabeti) e nella trascrizione delle minute a protocollo (1622 nov. 8, senato); massicce operazioni in tal senso furono eseguite nel 1672-1673 (1672 febbr. 5, apr. 6, 1673 genn. 21, senato), di concerto con i conservatori ed esecutori delle leggi che promuovevano contestualmente un riordino dell'" archivio delle scritture vecchie di palazzo " (delle curie di prima istanza; vedi Curie o Corti di palazzo ).
I cancellieri esercitarono invece direttamente ogni incombenza inerente ai testamenti. Questi furono corredati da " alfabeti n ancor oggi in uso, dapprima solo " ugnoli " (semplici, per iniziale del nome di battesimo del testatore), poi " doppi ", cioè con un'ulteriore suddivisione interna per iniziale del cognome (1747 ott. 7, 1748 sett. 5, senato). Un generale riordinamento fu compiuto nel 1770-1774 con l'interessamento dello stesso doge Alvise Mocenigo (1770 apr. 5, 1771 mar. 7, 1772 genn. 30, senato; 1772 apr. 20, maggior consiglio), ancora in sintonia con i conservatori ed esecutori delle leggi che proprio allora redigevano l'inventario dell'archivio delle scritture vecchie di palazzo (1773). Nell'occasione la cancelleria inferiore trovò più degna sede negli ambienti del collegio della milizia da mar, passato altrove; si rifecero parte degli alfabeti dei testamenti e vennero trasferiti all'" archivio dei notai morti " i protocolli notarili anteriori al 1474, nucleo degli attuali notai della cancelleria inferiore. Il cancelliere Lauro Bertolini, responsabile di tutta l'operazione, fu ricompensato con una medaglia d'oro da 150 zecchini e un'iscrizione nella nuova sede (1774 apr. 7, senato).
L'organizzazione veneta del notariato e degli archivi notarili, con la distinzione di serie tra atti e testamenti, sopravvisse alla caduta della repubblica f no all'introduzione del sistema napoleonico, previsto dal regolamento sul notariato 17 giu. 1806 [ Bollettino regno d'Italia, 1806, parte II, pp. 664-717. Cfr. F. MAZZANTI PEPE, Modello francese e ordinamenti notarili italiani in età napoleonica, in F. MAZZATINTI PEPE, G. ANCARANI, Il notariato in Italia dall'età napoleonica all'unità, Roma 1983, pp. 19-231] , e attivato il 1 nov. 1807; non modificato dall'Austria, questo rimase in vigore fino alla normativa italiana del 1875-1879. Sciolti i collegi notarili, il regolamento dichiarava i notai " funzionari pubblici ", soggetti al controllo di una camera notarile e della corte d'appello; nei capoluoghi di dipartimento veniva istituito un archivio notarile generale dove concentrare il materiale dell'intera circoscrizione, salvo la creazione di archivi sussidiari. A Venezia l'archivio dei notai defunti e quello della cancelleria inferiore, già trasferiti da palazzo ducale nelle sansoviniane " fabbriche nuove " di Rialto, divennero allora archivio notarile generale del dipartimento dell'Adriatico, nel quale furono concentrate tra il 1809 e 1819 le carte dei notai del Dogado (per ultime quelle di Chioggia) e di Mestre [ Nel comune di Venezia] e in seguito fino al 1837, causa rettifiche territoriali, quelle di Portogruaro, in precedenza andate a Treviso, e quelle di Mirano e Dolo, già andate a Padova.
Nel 1811, sulla scorta di tradizioni orali, furono rinvenuti due notevoli depositi documentari: pergamene, probabilmente spettanti ai procuratori di S. Marco, in un Sottotetto della basilica; materiale cartaceo, in prevalenza riferibile agli archivi del duca e dei notai di Candia (vedi Duca di Candia e Notai di Candia ), in un ambiente di palazzo ducale sovrastante la sala dello scrutinio. Un ulteriore rinvenimento, riguardante anche questa volta in buona parte gli archivi cretesi, si verificò nel 1819, in Occasione del cambio di destinazione di locali nel palazzo a S. Provolo dove erano situati uffici e archivi del demanio. In ambo i casi il materiale fu trasportato nella sede dell'archivio notarile, dove apposite commissioni provvidero a distinguere i documenti in notarili, giudiziari e politico-diplomatici per assegnarli ai rispettivi stabilimenti archivistici, mentre numerosi codici storico-letterari furono consegnati alla Biblioteca marciana. Rimasero così all'archivio notarile le pergamene, con le quali si intendevano colmare la perdita o le lacune dei notai più antichi f no al sec. XV, oltre ai notai di Candia. Scambi di materiale furono in seguito direttamente effettuati con l'archivio generale veneto, a rimedio di incongruenze occorse in tali operazioni.
Prima del trasferimento dalle fabbriche nuove all'ex-convento di S. Giovanni Laterano, avvenuto nel 1813, il notaio Gio. Matteo Maderni curò un primo ordinamento dell'archivio notarile generale secondo il criterio alfabetico-cronologico previsto dalle norme napoleoniche, ordinamento che è di massima quello attuale: i notai sono cioè tendenzialmente disposti per lettera iniziale del cognome italianizzato, e all'interno di ciascuna lettera secondo la data di inizio del materiale, sia nella serie degli atti che in quella dei testamenti (vedi Notai di Venezia, Atti e Notai di Venezia, Testamenti ) e così in quella della cancelleria inferiore (vedi Cancelleria inferiore, Notai ); altrettanto dicasi per i notai di Candia (vedi Notai di Candia ). Nel 1828-1829 (ordinanza corte d'appello 17 giu. 1828) l'archivio notarile fu trasferito nella stessa sede dell'archivio generale veneto (odierno AS Venezia) nel complesso dei Frari, all'interno del quale subì poi altri spostamenti. Quivi nel 1855-1863 il conservatore Pietro Bedendo e Antonio Baracchi rividero e migliorarono l'ordinamento del Maderni, giungendo a identificare altri notai e a rintracciare protocolli anteriori all'incendio del 1577 che si ritenevano perduti; le pergamene sciolte - probabilmente quelle rinvenute nel sottotetto della basilica - furono allora distribuite per notaio (notai della cancelleria inferiore), a scapito forse di altri collegamenti archivistici, sebbene si trattasse di istrumenti che il notaio aveva redatto non per trattenerli presso di sé ma per consegnarli alle parti.
Dopo l'unità la normativa sul notariato elaborata nel quadro dell'unificazione amministrativa del regno (l. 25 lu. 1875, n. 2786, l. 6 apr. 1879, n. 4817, testo unico 25 mag. 1879, n. 4900, regolamento di esecuzione approvato con r.d. 23 nov. 1879, n. 5170) [ G. ANCARANI, L'ordinamento del notariato dalla legislazione degli Stati preunitari alla prima legge italiana, in F. MAZZANTI PEPE, G. ANCARANI, Il notariato in Italia... cit., pp. 233-548. Si veda inoltre: B. CECCHETTI Della necessità della conservazione degli Archivi notarili d'Italia e nuovi documenti storici trovati in quello ai Frari, in Atti del r. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, s. III, t. XII, 1866-1867, pp. 521-567] , che stabiliva esser compito dello Stato la conservazione degli atti dei notai cessati, risultò in sintonia con quanto a Venezia si praticava da secoli.
Sorse invece ampio dibattito, su scala nazionale, circa l'interpretazione dell'art. 149 del regolamento che fissava al 1830 il limite di competenza degli archivi notarili, disponendo il deposito negli Archivi di Stato del materiale più antico. Dopo una cortese sebbene animata polemica tra Gabriele Fantoni, recente conservatore dell'archivio notarile distrettuale, e Bartolomeo Cecchetti, il riorganizzato Archivio notarile passò ad altra sede (neppur questa definitiva) nel palazzo dei dieci savi di Rialto, lasciando ai Frari, come prescritto (decreti del ministro di grazia e giustizia 18 ott. 1883, n. 27616, e 8 apr. 1884, n. 11.5222), con verbale di consegna 13 mag. 1884 il materiale che formò la sezione notarile dell'Archivio di Stato, poi incrementata dai successivi versamenti. Nel 1886, dopo un'ulteriore revisione seguita a quella operata dal Fantoni, il Cecchetti ne pubblic6 la statistica, guida piuttosto che inventario, da lui stesso ritenuta strumento di lavoro provvisorio, nella quale intese presentare una sistemazione ideale del fondo anziché riprodurne la situazione reale; egli preferì infatti elencare i notai, tranne quelli della cancelleria inferiore, in ordine alfabetico, senza tener conto della cronologia, e raggruppò per ciascuno atti e testamenti, omettendo inoltre di indicare i numeri di catena.
profilo istituzionale
Archivio notarile
complessi archivistici collegati
Notai di Venezia, Atti  (1361-1829, con docc. fino al 1841) [ARCHIVIO DI STATO DI VENEZIA]
Notai di Venezia, Testamenti  (1275-1808) [ARCHIVIO DI STATO DI VENEZIA]
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